Italia e Francia hanno forti interessi comuni. E gli interessi non cambiano con l’alternarsi dei leader. O meglio, compito dei leader è sapere identificare, con lucidità, quali siano i veri interessi nazionali ed europei e come e con chi tutelarli e promuoverli. Quando nell’ormai lontano 1997 Jacques Chirac disse a Romano Prodi che “non c’è Europa senza Italia” non si limitava ad esprimere un sentimento di amicizia, ma prendeva atto del vero interesse francese, andando anche contro parte dell’allora tecnocrazia francese che guardava sempre e solo a Berlino. Poi ovviamente le personalità, la convergenza politica, la comunanza intellettuale possono rendere speciale la relazione Italo-francese. È quanto accaduto tra Emmanuel Macron e Mario Draghi, con risultati importantissimi ottenuti in un tempo relativamente breve. Tra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni la relazione è molto diversa, perché le personalità sono molto diverse, così come lo sono le loro posizioni politiche. Nessuna convergenza politica o intellettuale. Distanza su tanti temi. Macron è il presidente più europeista di tutta la V Repubblica, vuole trasformare la Francia e l’Europa, e ha addirittura fatto una lista con candidati di 7 nazionalità, tra cui chi scrive, alle elezioni europee del 2019. Meloni è il primo presidente del Consiglio di estrema destra della Repubblica italiana, attorniata da ministri e consiglieri che ritengono alto tradimento accettare l’onorificenza della Légion d’onore e gridava slogan di estrema destra con Vox in Andalusia meno di un anno fa.

Macron è il presidente che al Vertice di Lione, nel settembre 2017, annunciò assieme al nostro governo, presieduto da Gentiloni, la volontà di lavorare per un trattato speciale bilaterale che abbiamo fortemente voluto e sul quale abbiamo lavorato moltissimo da allora, poi chiamato “del Quirinale”. Meloni nel dicembre 2022, già presidente del Consiglio, rispose che doveva “ancora leggerlo”.

E tutto questo rimarrà. Ma l’incontro dell’Eliseo è stato fatto all’insegna di un’altra qualità che leader di grandi paesi devono saper dimostrare: il pragmatismo.
Ed è con pragmatismo che sono state identificate iniziative e aree dove Francia e Italia hanno forti ed evidenti interessi comuni. Parigi e Roma devono lavorare insieme per attuare il Nuovo Patto per l’Asilo e la Migrazione, a cominciare dalla Tunisia. Anche perché la rottura di Lussemburgo, con polacchi e ungheresi che hanno votato contro un Patto migratorio sostenuto dagli italiani avrà conseguenze politiche molto rilevanti. Che si tratti della cooperazione con i paesi di origine, della solidarietà alle frontiere esterne, della responsabilità nel gestire le domande dei richiedenti asilo, Francia e Italia sanno bene di dipendere l’uno dall’altro. E non a caso è proprio la migrazione uno dei temi su cui Macron e Meloni vorrebbero approfondire la loro cooperazione.

Sia Parigi che Roma, poi, spingono per una nuova strategia degli investimenti: la transizione ecologica, la trasformazione digitale, la difesa europea, richiedono una riforma del Patto di Stabilità e un’UE capace di promuovere nuovi investimenti con risorse fresche, attraverso un vero fondo sovrano. E su questo, Parigi e Roma sono molto vicino e piuttosto distanti da Berlino. Ma attenzione: il modo in cui si invoca spesso la relazione con Berlino a Roma è miope e sbagliato. Non si tratta di giocare una capitale contro l’altra, si tratta invece di creare un solido treppiede politico, industriale e militare tra i tre paesi su cui basarsi per le riforme europee. Inoltre, risulta chiaro, visto da Parigi come da Roma, che il prossimo allargamento dell’UE, all’Ucraina e ad altri paesi, richiede un’importante riforma delle istituzioni e del modo in cui l’UE funziona e decide, pena la paralisi. Quindi, meno veti e più voti.
Il trattato del Quirinale, che ha già cominciato a funzionare in campo industriale, della giustizia, della difesa, offre un quadro istituzionale e operativo utilissimo per questi obiettivi comuni, da estendere anche a nuovi settori strategici come la politica dello spazio. Giorgia Meloni, dopo le prime esitazioni dovute a insicurezza e orgoglio, sembra aver capito che i veri interessi di Roma si fanno con Parigi, Bruxelles e Berlino. Per questo, è possibile che anche questa retorica della nuova maggioranza di estrema destra-destra in Europa lascerà il posto ad un approccio meno velleitario e più realista.

È quindi nato un nuovo “asse” all’Eliseo? C’è una nuova alleanza anche di tipo politico? Direi di no, è direi anche che con troppa superficialità in Italia si passa da Emmanuel Macron “nemico dell’Italia” a “nuovo asse Giorgia-Emmanuel”. Né l’uno né l’altro. Le differenze tra i movimenti politici dei due leader rimarranno. Noi di Renew e di Renaissance rimaniamo radicalmente alternativi all’estrema destra dei Fratelli d’Italia e non rinunceremo a fare le nostre battaglie politiche e a contrastare le
politiche reazionarie e oscurantiste della Maggioranza di estrema destra in Italia, che si tratti di diritti civili o di scelte ecologiche e sociali. Sarà molto utile quindi, soprattutto a Roma, saper distinguere la competizione politica tra movimenti e partiti che sono agli antipodi – che rimarrà e si intensificherà in vista delle elezioni europee del 2024 – dalla volontà, lucida e pragmatica, dell’Eliseo e di Palazzo Chigi di lavorare insieme laddove gli interessi nazionali ed europei sono comuni.
Perché, per parafrasare Jacques Chirac, “non c’è Europa senza Francia e Italia, insieme”.