Il whatsapp arriva di prima mattina. “Mentre la presidente Meloni è in Iraq per gratificare le nostre forze armate in missione, ci taglia le pensioni. Dice: dobbiamo essere più sicuri e autosufficienti, vuole più sicurezza e però umilia chi quella sicurezza ha garantito al Paese negli anni”. Il secondo messaggio è ancora più specifico: “La manovra del suo governo scippa 1500 euro (nell’anno, ndr) a soldati, poliziotti e carabinieri in pensione con il contributivo”. Eppure militari e forze dell’ordine sono tradizionalmente base elettorale del centro destra.

Basta pensare a quanti segretari di polizia sono entrati in Parlamento in questi anni, almeno uno o due per legislatura in quanto portatori di interesse di un potenziale bacino di voti che tra forze dell’ordine civili e militari conta in Italia circa mezzo milione di persone. Il taglio delle pensioni “alte” – sopra i duemila euro – è un capitolo noto della legge di bilancio che dovrebbe essere approvata stamani tra l’alba e le prime ore del mattino. Pessimo modo di approvare la più importante e delicata legge dello Stato. Il caos, gli errori da matita rossa e blu, i rinvii e tutto quello che tuttora resta ancora poco chiaro per non parlare di ciò che è fuori tema (i cinghiali prima di tutto) danno la misura della “inesperienza” per alcuni e “inadeguatezza” per altri di questa maggioranza che alle prese con la sua prima legge di bilancio ha lasciato perplessa la stessa maggioranza. E’ nato un neologismo in Transatlantico: “Auto-ostruzionismo”.

“Cose che succedono” ammettono da destra. “Mai visto un caos del genere” dicono dalle opposizioni. Che aggiungono: “Se avessimo voluto far saltare il banco, ci hanno offerto più e più occasioni. Non l’abbiamo fatto per senso di responsabilità: andare all’esercizio provvisorio è un danno per tutti”. Ma le pensioni degli uomini in divisa, civili o militari che siano, è una scelta le cui conseguenze la premier Meloni potrebbe aver sottovalutato. Il comparto sicurezza rientra nel comparto del pubblico impiego. La decisione del governo – una delle prime assunte e mai più rivista – prevede l’aumento fino a 600 euro delle pensioni minime per gli over 75. Cambia anche la norma sulla rivalutazione automatica nel prossimo biennio: sale dall’80 all’85% la rivalutazione per gli assegni tra 4 e 5 volte il minimo (circa 2600 euro lorde). Per le pensioni più alte, dai duemila in su nette, gli scaglioni vengono cioè rivisti con una riduzione dell’aliquota. Affrontare questo passaggio nella legge di bilancio è trovarsi davanti un difficilissimo Sudoku tra aliquote, percentuali e minimi.

Il nostro funzionario di polizia in pensione sintetizza così: “A chi di noi prende 2100 euro al mese tolgono la bellezza di 80 euro al mese per tredici mensilità, circa mille euro in un anno. Non è giusto. Il fatto è che tolgono soldi a chi ha versato negli anni con il sistema contributivo sottraendoli ai propri stipendi”. Un preciso atto d’accusa verso la maggioranza. La legge di bilancio 2023 passerà alla storia per quella che è stata discussa di meno e che ha tolto praticamente tutto ai partiti e alle istanze del Parlamento. La Camera l’ha discussa meno di una settimana, gli emendamenti tra maggioranza e opposizione sono stati ridotti a poco più di cento, il “fondino” – i soldi disponibili per i gruppi – sono stati ridotti a 170 milioni contro i 400 iniziali. I senatori la vedranno appena, 48 ore, giusto un “visto si stampi”, non è possibile fare altro. Esattamente quello “scippo di democrazia” di cui Meloni ha accusato i governi precedenti quando era all’opposizione.

Nel complesso, a parte i pasticci e le marce indietro, è una buona manovra, tiene i conti in ordine che era la stella polare del ministro Giorgetti. La promozione di Bruxelles è la cosa che conta. Per 2/3, i 21 miliardi contro l’inflazione e il caro energia, era già scritta e porta indelebile la firma di Mario Draghi. Per il resto ha una forte identità politica. “Leva a chi ha di più e cerca di distribuire alle famiglie e a chi ha di meno” ripete la premier Meloni. E’ una manovra che conta undici condoni, che più o meno valgono un miliardo e mezzo in meno nelle casse dello stato, e che per far tornare i conti ha tagliato. Ovunque. Cultura, sanità, enti locali (è stato stralciato l’emendamento da 450 milioni destinato ai Comuni). Ed è una manovra che ha fotografato lo stato di salute della maggioranza dopo due mesi di governo.

Una fotografia che racconta di tre partiti che hanno lavorato a comportamenti stagni e condiviso poco. Forza Italia ha raggiunto forse più di quello che si potesse pensare: aumento delle pensioni minime; decontribuzione; la norma che aiuta le società sportive e anche i grandi club di calcio. La Lega è stata costretta a fare marcia indietro sul pos e per blindare Quota 103 ha tolto ad altri pensionati. Fratelli d’Italia, i veri padroni di casa, l’hanno punteggiata qua e là di favori e marchette. La più clamorosa è la libera caccia ai cinghiali cittadini. “Lo scudo penale per i reati tributari sarà ripresentato a breve con un provvedimento ad hoc” assicurano i Fratelli. Primo sponsor il viceministro economico Maurizio Leo. A ruota segue un altro viceministro, l’azzurro Francesco Paolo Sisto. Meloni e Giorgetti però non sono d’accordo.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.