Il governo – ci informa il Corriere della Sera – vuole ridurre le tasse sulle rendite finanziarie. Quasi dimezzarle. Dal 26 per cento al 14. Le rendite finanziare sono una fonte di reddito soprattutto delle persone più ricche. In piccola parte (piccole rendite) anche delle persone meno ricche che sono riuscite, nella vita, a risparmiare qualcosa.

Le tasse non sono, ovviamente, sul risparmio, sono su quanto si guadagna (appunto su quanto rende) su questo risparmio. In ogni caso queste rendite, grandi o piccole che siano (alcune sono milionarie o magari miliardarie) non sono rendite da lavoro. Sono una maniera per ottenere reddito fuori dal lavoro. Io avevo capito che il governo di destra aveva deciso di cancellare, o quasi, il reddito di cittadinanza perché il reddito di cittadinanza offre reddito ai poveri in modo ingiusto. Cioè, senza che loro lavorino. E infatti il governo ha giurato che avrebbe usato i soldi risparmiati levandoli ai più poveri, per incentivare il lavoro.

In vari modi, tra i quali, credo, riducendo le tasse sul lavoro. Invece ha deciso una cosa diversa. Anzi: l’opposto. Ha deciso di ridurre le tasse per chi guadagna non lavorando. Mi spiego meglio. Prendiamo una persona, anche benestante, o quasi, che guadagna, per dire, col suo lavoro 50mila euro all’anno, lordi. Tra tasse, Inps e altre cosette, in tasca gli restano circa 25mila euro. Se invece quei 50mila euro lordi fossero il frutto non di lavoro ma di una rendita finanziaria, oggi guadagnerebbe circa 37mila euro. 12mila euro (mille al mese) più del lavoratore con lo stesso reddito lordo.

Con la astuta riforma del governo invece andrà a guadagnare parecchio di più: 43mila euro netti, 1500 euro al mese più del lavoratore. Questa sarebbe la politica per incentivare il lavoro? E c’è qualcuno che trova qualche piccolo elemento di equità in questa idea? Ed è possibile, in presenza eventuale di sindacati dei lavoratori combattivi e seri, evitare una vera e propria rivolta?

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.