L'allarme lanciato da Svimez
L’abolizione del reddito di cittadinanza ammazzerà un Sud già in recessione e con mezzo milione di nuovi poveri
Sud Italia a un passo dalla recessione con oltre mezzo milione di nuovi poveri nel 2023. E’ l’allarme lanciato da Svimez che nell’ultimo rapporto (il 49esimo presentato oggi alla Camera dei Deputati) sottolinea un dato raccapricciante: dei 760mila cittadini che nel 2023, per effetto dei rincari di energia e beni di prima necessità, verseranno in condizioni di povertà assoluta, oltre mezzo milione saranno concentrati al Sud.
Uno scenario già drammatico ma destinato a peggiorare con il passare dei mesi ‘grazie’ all’abolizione del Reddito di Cittadinanza prevista nella manovra finanziaria del neo governo Meloni, sussidio che vede la stragrande maggioranza dei percettori risiedere nelle regioni del Meridione. Negli ultimi mesi l’inflazione, il caro-energia, la guerra in Ucraina e il Covid hanno lasciato ferite profonde in Italia, allungando ulteriormente il divario tra nord e sud con il 2022, che secondo le premesse avrebbe dovuto caratterizzarsi per una crescita sostenuta, rivelatosi un anno di frenata a livello internazionale.
L’anno prossimo – spiega Svimez – il Pil del meridione avrà il segno negativo; è previsto infatti un calo dello 0,4%. Mentre quello del Centro-Nord dovrebbe crescere dello 0,8%, sia pure facendo registrare “un forte rallentamento”. L’inflazione viene ritenuto uno “shock” in questo pezzo d’Italia, dove a fronte delle spese da sostenere non si riesce ad andare oltre a quelle necessarie; in testa il pagamento delle bollette di luce e gas e la spesa per mangiare (che è più alta al Sud rispetto al Nord, dove invece si acquistano più servizi i cui prezzi sono cresciuti di meno).
La diretta conseguenza è che secondo una stima ad hoc si avrebbero 760mila nuovi poveri, e di questi 500mila sarebbero al Sud. In particolare, “nelle regioni meridionali, senza i sussidi, l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie avrebbe raggiunto un picco drammatico di circa 13 famiglie ogni 100, pari al 13,2% al Sud e al 12,9% nelle Isole”. Per avere un esempio concreto basta pensare che nelle spese ‘incomprimibili’, come bollette e cibo, finisce il 70% del bilancio totale di queste famiglie. Intanto la “riapertura della forbice di crescita del Pil” tra Nord e Sud – rileva Svimez – ha “interrotto il percorso di ripresa” del Paese.
Inoltre “gli effetti asimmetrici dello shock energetico” hanno “penalizzato soprattutto le famiglie e le imprese meridionali”. Per offrire una risposta a questa situazione, al momento, catatonica Svimez avverte sull’importanza del Pnrr: “Mettere in sicurezza l’attuazione del Piano è cruciale, consolidandone la finalità di coesione economica, sociale e territoriale”. Il capitolo lavoro al Sud si apre con una pagina dolorosa. Secondo il rapporto è qui infatti che si raggiunge “il livello massimo di precarietà”.
In Italia la quota di lavoratori dipendenti impegnati in lavori a termine da almeno 5 anni si attesta al 17,5%, ma nelle regioni del Mezzogiorno si raggiunge il valore massimo di quasi un lavoratore su 4 (pari al 23,8%), quasi l’11% in più del Nord (13%) e il 7% in più del Centro. Un quadro che – oltre a raccontare di un numero maggiore di precari – aumenta il tempo dell’incertezza, mettendo in evidenza anche l’aumento del fenomeno del ‘lavoro povero’. Inoltre resta un “netto divario” dell’occupazione femminile che, rispetto al Centro-Nord, si traduce in una differenza di 1,6 milioni di lavoratrici.
Se il mondo del lavoro non è clemente con il Sud, forse si deve anche al fatto che le radici del problema partono da lontano: nei servizi scolastici, dove c’è una “carenza d’offerta” e un gap con il Nord definito “preoccupante”. In base alle previsioni Svimez il 2024 “dovrebbe essere un anno di ripresa: si stima che il Pil aumenti nel 2024 dell’1,5% a livello nazionale, e dello 0,9% al Sud”. Per l’associazione di fronte c’è “una duplice sfida”: servono “politiche nazionali” per assicurare “continuità alle misure contro il caro-energia, per mitigare l’impatto sui bilanci delle famiglie e a favore delle imprese”; allo stesso tempo è “essenziale accelerare con il rilancio degli investimenti pubblici e privati per ampliare e ammodernare la base produttiva, condizione imprescindibile per la creazione di buona occupazione”.
© Riproduzione riservata