Il caso del mercato della Maddalena
Migrante denuncia la camorra, Piantedosi stringerà la mano al “carico residuale”?
Chi senza avere diritti, ci insegna i doveri. Siamo tra le bancarelle del mercato della Maddalena, è una distesa di colori, stoffe, merce di ogni tipo. Ce ne sono tantissime di bancarelle, duecento più o meno e dietro i piccoli tavoli di legno sgangherati ci sono i venditori ambulanti che cercano di sbarcare il lunario. Non sono soli, c’è la camorra che controlla il quartiere, c’è la camorra che impone le sue regole, c’è la camorra che chiede il pizzo. Sì, anche agli ambulanti che hanno minuscole bancarelle. Qualcosa guadagnate? E allora pagate. Pagate e zitti.
Tranne un venditore africano che zitto e buono non ci è voluto stare e ha denunciato tutto alla Polizia. E così su duecento bancarelle sottoposte al “pizzo” solo un commerciante ha denunciato l’arroganza della camorra. È emersa anche questa storia ieri dall’incontro con la stampa nella Questura di Napoli al quale ha preso parte il dirigente della Squadra Mobile di Napoli Alfredo Fabbrocini, che all’alba ha coordinato una vasta operazione della Direzione Distrettuale Antimafia che ha consentito di colpire duramente il clan Mazzarella. Sono loro ad avere l’egemonia nel quartiere. Venticinque, complessivamente, le persone arrestate tra le quali figurano elementi di spicco e gregari del clan rivale della cosiddetta “Alleanza di Secondigliano”. Tra questi non figura il boss Michele Mazzarella, scarcerato nel 2019 dopo un periodo di detenzione. “È stato colpito il clan presente in uno dei centri storici, quello di Napoli, più grande d’Europa – ha evidenziato Fabbrocini – e dovevamo intervenire, celermente, anche prima delle vacanze natalizie”.
Perché proprio per le festività la camorra chiede una tassa extra. Tra le vittime non ci sono commercianti ma anche imprenditori edili, anche loro costretti a soggiacere alle pretese dei Mazzarella. Il principale reato contestato è l’estorsione, appunto, ai danni degli ambulanti della Maddalena: con cadenza settimanale il clan pretendeva una quota variabile tra cento e duecento euro, a seconda dell’attività commerciale presa di mira, esponendo i titolari a un vero e proprio oltraggio quotidiano, con i parcheggiatori abusivi costretti a versare la metà del loro guadagno. Un business, è stato stimato, tra 80mila e 160mila euro al mese. A rendere conto ai vertici del clan, tra i quali figurano il boss Michele Mazzarella e la madre, era Massimo Ferraiuolo, fratello di un ex collaboratore di giustizia.
Documentate dalla polizia anche un serie di “stese” (raid con colpi d’arma da fuoco sparati all’impazzata tra le vie del quartiere) messe a segno per affermare il proprio predominio nell’ambito di fibrillazioni con clan rivali. Secondo la ricostruzione degli inquirenti quando gli ambulanti si rifi utavano di pagare, scattava la “serrata”, il capoclan ordinava la chiusura delle bancarelle. Non paghi, allora non lavori e non mangi. Duecento commercianti, una sola voce che ha trovato la forza di alzare la testa e di non pagare il pizzo. È uno straniero di origine africana, non conosciamo la sua storia ma possiamo immaginarla. Lui ha denunciato, ma sarebbero almeno altri tre o quattro commercianti ad aver confermato le estorsioni e le violenze. Ecco, vedete… è una lezione importante questa: chi non ha diritti, insegna i doveri.
È dovere di un cittadino denunciare la camorra e non abbassare la testa. Immaginate solo per un attimo la paura di questo ragazzo in terra straniera, magari senza documenti e permesso di soggiorno, nell’andare dalla Polizia e dire: mi chiedono il pizzo, non voglio pagare, denuncio. Non era meno disperato di quelli che invece non denunciano. Certo, la paura di ritorsioni, la paura di non avere da mangiare, ma spesso anche la convenienza nel non denunciare. Lui lo ha fatto, rischiando di essere ucciso (eh no, non stiamo romanzando), rischiando di vedere in fiamme la sua bancarella, rischiando di rimanere senza nulla. Ha denunciato, per coscienza, per la città nella quale vive. Verrebbe da chiedere al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi se ha voglia di stringere la mano a “un carico residuale”, a un immigrato, a un uomo. A un uomo che ha alzato la voce in un deserto di indifferenza e di assuefazione.
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