Anche l'ombra degli abusi sessuali
Milano, Caso Pifferi-bimba morta di stenti. Al posto del battesimo è uscita a cena, babysitter inesistente, i soldi per la piccola spesi in abiti da sera | I dettagli del processo in corso

Si sta tenendo in queste ore l’udienza in Corte d’Assise per il processo ad Alessia Pifferi, la madre della bimba di 18 mesi trovata morta il 20 luglio 2022 nella sua abitazione in zona Ponte Lambro a Milano. E con il passare delle ore emergono dettagli raccapriccianti che delineano il profilo della donna. Il dirigente della Squadra Mobile di Milano Marco Calì, testimoniando in aula ha dichiarato che la Pifferi: “Aveva detto a un’amica che ci sarebbe stato il battesimo della piccola Diana ma in realtà si trattava di una serata romantica con il compagno. La sera del 7 luglio del 2022, soltanto una settimana prima di abbandonare la piccola in casa per 6 giorni, Pifferi aveva noleggiato una limousine per un importo di 536 euro, a bordo della quale si è allontanata da via Parea a Milano dove abitava, per raggiungere il fidanzato a Leffe, in provincia di Bergamo.”
“La mattina dopo, alle 8.30, Pifferi contatta un servizio taxi per tornare a Milano, dove rimane fino alle 18.10, poi riparte per andare di nuovo a Leffe. Alle 14 doveva esserci il battesimo della piccola presso una chiesa di Leffe, ma non c’è mai stato, perché il suo cellulare a quell’ora agganciava una cella a Milano. La festa – ha concluso il teste – in realtà non era rivolta alla bambina, ma era per una cena romantica con il compagno”. ha dichiarato Calì.
La Pifferi usava i soldi destinati alla piccola per comprarsi abiti da sera
”Alessia Pifferi chiedeva spesso soldi in prestito dicendo che le servivano per la sua bambina, ma in realtà li usava per pagarsi le serate, i vestiti e i taxi privati per spostarsi da Milano a Leffe”. Così il capo della squadra mobile di Milano, Marco Calì, che oggi ha reso la sua testimonianza davanti ai giudici della corte d’Assise di Milano presieduta da Ilio Mannucci Pasini, per il processo ad Alessia Pifferi accusata di omicidio volontario pluriaggravato della figlia Diana, morta di stenti a 18 mesi, la scorsa estate.
”Alessia Pifferi e il suo compagno -ha spiegato Calì- si erano conosciuti su piattaforma di incontri online, avevano una relazione da mesi, ma nonostante questo lei continuava a frequentare altri uomini, dai quali si faceva pagare”. Dall’esame delle chat sul telefonino della donna, gli investigatori hanno scoperto che con alcuni di questi uomini, la Pifferi parlava anche della sua bambina: ”Malgrado si conoscessero da poco – ha detto il dirigente della squadra mobile di Milano – uno di questi le aveva chiesto di dormire abbracciati nella stessa stanza dov’era la bambina, o anche di poter baciare la bambina. E lei gli aveva risposto: ‘Certo che lo puoi fare”.
In altre chat, ha aggiunto Cali, ”la Pifferi chiedeva prestiti di denaro, con la scusa che le servivano per la bambina, quando in realtà servivano per pagarsi le sue serate romantiche”. In questo contesto, è emersa anche la figura di un vicino di casa della donna con il quale lei ”interagiva moltissimo, attraverso un intenso scambio di messaggi. Le conversazioni riguardavano spesso gli incontri sessuali della Pifferi, inclusi i consigli per aumentare il numero di uomini da frequentare dietro compenso per potersi permettere il suo stile di vita dispendioso”.
La babysitter inesistente che si sarebbe dovuta occupare della bambina
La Pifferi “aveva dato versioni contrastanti sulla presenza di una babysitter che non era in loco e non si riusciva a identificare, avere un numero telefonico o un indirizzo per poterla rintracciare ma dall’analisi del telefono di Pifferi non vi era traccia di alcuna babysitter né contattata né messaggiata. I contatti erano con soggetti che erogano servizi di taxi privato presenti nella memoria del telefono” – ha dichiarato in aula il dirigente di polizia Marco Calì riferendosi alle versioni contrastanti date dalla donna.
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