Nuove accuse e l’ombra di altri possibili scenari da incubo nell’inchiesta su Alessia Pifferi, la 37enne che dallo scorso luglio è in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato per aver lasciato sola in casa per 6 giorni la figlia di un anno e mezzo, Diana, poi morta di stenti.

Gli inquirenti ipotizzano infatti nuove accuse nei confronti della donna: i pm titolari del fascicolo, Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro, configurano infatti l’ipotesi di “corruzione di minori” nei confronti di Pifferi e di un 56enne bergamasco che nella mattina di ieri, martedì 25 ottobre, è stato perquisito dagli investigatori della squadra Mobile.

Accuse che nascono dall’analisi di alcune chat contenute nello smartphone di Alessia Pifferi risalenti allo scorso marzo, quattro mesi prima della morte della piccola Diana.

La 37enne, secondo quanto emerso, rispondeva “lo farai” a un uomo che nell’ambito di una conversazione le aveva chiesto, riferendosi alla piccola Diana, “posso baciarla?”. Questi e altri dialoghi sono stati acquisiti nel fascicolo d’inchiesta che ha portato alla perquisizione nei confronti del 56enne bergamasco e all’iscrizione nel registro degli indagati.

Accertamenti, quelli effettuati ieri, finalizzati a trovare eventuali riscontri: al 56enne indagato per corruzione di minorenne, che Alessia Pifferi avrebbe conosciuto in una chat online per appuntamenti, sono stati sequestrati due pc e un telefono.

Nelle conversazioni esaminate ad oggi dalla procura emergerebbero la relazioni che Alessia Pifferi avrebbe avuto con diversi uomini, in alcuni casi anche in cambio di denaro. L’attenzione è però subito andata a quella chat in cui si tirava in ballo anche la bambina di 18 mesi.

Quanto all’inchiesta, nei giorni scorsi erano emersi i primi risultati delle analisi tossicologiche effettuate sul corpo di Diana, che hanno accertato la somministrazione di benzodiazepine: gocce per stordirla, per prevenirne i pianti e gli strepiti, forse proveniente dalla boccetta di En trovata dagli investigatori nel bagno dell’abitazione in cui mamma e figlia vivevano a Ponte Lambro.

Redazione

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