Ora che la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha bocciato la richiesta di trasferimento del pm Paolo Storari, ci sarà una svolta nelle indagini sulla Loggia Ungheria? Storari era finito nel mirino del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, titolare del potere disciplinare nei confronti delle toghe, per aver consegnato in maniera del tutto irrituale i verbali di interrogatorio dell’avvocato Piero Amara all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. Il pm allievo prediletto di Ilda Boccassini aveva interrogato Amara, insieme alla vice del procuratore di Milano, Laura Pedio, per diversi giorni verso la fine del 2019.

Nelle sue lunghe deposizioni Amara, sentito inizialmente sul falso complotto nei confronti dell’Eni, aveva anche svelato l’esistenza di questa Loggia, una sorta di nuova P2, composta da magistrati, professionisti, imprenditori, alti esponenti delle forze dell’ordine. Lo scopo della Loggia, come affermato da Amara, sarebbe stato quello di pilotare i processi e condizionare le nomine dei magistrati e dei vertici dello Stato. Il resto della storia è noto. Storari avrebbe voluto fare accertamenti, procedendo subito con almeno otto iscrizioni sul registro degli indagati, per verificare la fondatezza di quanto dichiarato da Amara. I suoi capi, Greco e Pedio, sarebbero invece stati di diverso avviso. Amara, da quanto risulta, aveva fatto una settantina di nomi di appartenenti alla Loggia, fra cui quelli di due consiglieri del Csm in carica: Marco Mancinetti e Sebastiano Ardita.

Vista “l’inerzia” dei vertici della Procura di Milano, Storari avrebbe allora deciso di consegnare i verbali di Amara a Davigo, allora potente consigliere del Csm, affinché fosse posto a conoscenza di quello che stava accadendo alla Procura di Milano. I verbali di Amara finirono, poi, nelle mani di due giornalisti del Fatto e di Repubblica, che non vollero pubblicarli per “non compromettere” l’indagine. Anzi, denunciarono quanto accaduto. La “postina” sarebbe stata Marcella Contraffatto, la segretaria di Davigo, che Storari sembra avesse voluto intercettare ed arrestare. La donna è attualmente sotto indagine, come Storari e Davigo, accusati di rivelazione del segreto.

Il Csm, dopo aver sospeso dal servizio la ex segretaria di Davigo, pare avesse deciso di licenziarla, salvo poi ripensarci. Essendo, dunque, rimasti tutti al proprio posto, tranne Davigo che per raggiunti limiti di età è andato in pensione lo scorso ottobre, sarebbe interessante sapere che fine hanno fatto le indagini sulla Loggia Ungheria, e quindi se è esistita veramente o se sia sta una invenzione calunniosa di Amara per chissà quale fine. Dalla reazione di Davigo, che aveva messo a conoscenza di questi verbali mezzo Csm, parrebbe che un qualche fondamento ci possa essere. Un magistrato esperto come l’ex pm di Mani pulite che in vita sua avrà letto chissà quanti esposti e denunce, si presume sappia distinguere se una notizia è bufala o meno.

I verbali di Amara sono nel fascicolo sul falso complotto Eni. Il fascicolo è stato iscritto nel 2017 e risulterebbe essere pendente. Qualche mese fa era girata la notizia che Francesca Nanni, procuratrice generale di Milano, volesse avocarlo visto il tempo trascorso senza che la Procura avesse preso una determinazione. Ma poi, anche in questo caso, non si è più saputo nulla. Non è dato sapere, alla luce degli ultimi sviluppi, chi si occuperà di indagare sulla Loggia: Storari o Greco e Pedio che volevano cacciarlo. Se Greco a novembre andrà in pensione, Pedio è destinata a rimanere. Una situazione che non potrà non creare imbarazzo, soprattutto dopo che Storari ha affermato che la linea dei vertici della Procura di Milano prevedeva di “salvaguardare” Amara da possibili indagini per calunnia, in quanto sarebbe tornato utile come teste in altri processi.

Amara alla fine dello scorso mese di maggio fece una lunga intervista, accennando alla Loggia Ungheria, durante la trasmissione Piazza Pulita condotta da Corrado Formigli su La7. Qualche giorno dopo venne arrestato dalla Procura di Potenza per corruzione in atti giudiziari. Messo in libertà per aver fornito ampia collaborazione ai pm lucani, è stato quasi subito riarrestato in quanto, per una precedente condanna, il Tribunale di sorveglianza di Roma aveva respinto la sua richiesta di affidamento. Adesso si trova nel carcere di Orvieto. In silenzio. Palamara la scorsa settimana su questa vicenda ha tirato fuori il classico pizzino, affermando l’esistenza di un “collegamento” fra quanto accaduto a lui e ad Amara, annunciando a breve delle “rivelazioni”.