L’onere graverà ora sulla sua queer family. Dopo aver accettato l’eredità del’attivista, scrittrice, drammaturga, e critica sarda, scomparsa lo scorso agosto per un male incurabile, dovranno anche sanare i debiti che Michela Murgia ha lasciato. “La sua paura, da viva – come si capisce nel testamento – era quella di non aver tempo per riuscire a farlo”, commenta Alessandro Giammei, docente a Yale, uno dei “figli d’anima” di Murgia in un’intervista a Repubblica. “Noi abbiamo accettato l’eredità, che comprende anche il dovere di risolvere queste situazioni”. Stando alle parole del testamento, a Giammei infatti è stata destinata una casa, al fine di essere venduta e «la cifra usata per soddisfare ogni esigenza che potrebbe emergere dopo la morte, con particolare riferimento a situazioni debitorie”.

Il testamento e i debiti

Le tante indicazioni sono contenute in un testamento olografo, scritto in fin di vita. È in una recente ricostruzione che La Verità infatti, rivela come sulla casa sarda graverebbe un debito di 47.399 euro a cui aggiungerne altri provenienti da vari tributi non versati in qualità di datore di lavoro della Isolanet, impresa di servizi connessi alla tecnologia informatica, e persino alcune piccole multe che si aggirerebbero sui 100€. Michela, a detta di Giammei, ha infatti dovuto sostenere spese onerose a causa della sua situazione medica. Ha voluto comprare una casa stabile a Roma invece di continuare a stare in affitto. L’altra casa, a Cabras, era una piccola abitazione data alla mamma, Costanza Marongiu dove ora continua ad abitare avendone l’usufrutto.

L’eredità

A Giammei è andata anche la curatela dell’opera inedita di Murgia, e precisa che in nel complesso non si tratta di grandi somme: «Michela non aveva un impero immobiliare. Non ha mai sfruttato occasioni per arricchirsi, e quel che ha guadagnato dai suoi libri lo ha reinvestito nella sua campagna elettorale in Sardegna. Non ha accumulato e ha avuto un rapporto poco avido con il denaro. In assoluto – conclude -, sono situazioni che Michela avrebbe risolto benissimo da sola se fosse stata bene, aveva un piano con la sua commercialista, ma purtroppo ha dovuto chiedere a noi di farlo perché non ha avuto tempo”.

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