Almeno 45 migranti sono morti a seguito di un naufragio a largo delle coste della Libia. Lo riferiscono l’organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e l’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, secondo le quali si tratta del “più grande naufragio registrato al largo delle coste libiche quest’anno”.

L’episodio risale al 17 agosto. Le due organizzazioni “chiedono una revisione dell’approccio degli Stati alla situazione dopo questo ultimo tragico incidente nel Mediterraneo. È urgente rafforzare l’attuale capacità di ricerca e soccorso per rispondere alle richieste di soccorso”.

A raccontare l’odissea sono stati i 37 sopravvissuti alla strage, principalmente da Senegal, Mali, Ciad e Ghana, soccorsi da pescatori locali e in seguito detenuti allo sbarco. Hanno riferito al personale dell’Oim che altri 45, tra cui cinque bambini, hanno perso la vita dopo che il motore della nave è esploso al largo della costa di Zwara.

Almeno 302 migranti e rifugiati sono morti su questa rotta finora quest’anno. Secondo il Missing Migrants Project dell’Oim e l’Unhcr, l’attuale numero stimato di vittime è probabilmente molto più alto. Le Organizzazioni riconoscono “le continue sfide presentate dagli arrivi via mare e accolgono con favore gli sforzi degli Stati costieri del Mediterraneo per continuare ad accogliere rifugiati e migranti soccorsi. Nel contesto della pandemia COVID-19, due terzi dei paesi europei hanno trovato il modo per gestire i propri confini in modo efficace, consentendo al contempo l’accesso ai propri territori alle persone in cerca di asilo. Gli screening medici alle frontiere, la certificazione sanitaria o la quarantena temporanea all’arrivo sono alcune delle misure messe in atto da una serie di paesi europei e di altri paesi. La pandemia non dovrebbe essere usata come scusa per negare alle persone l’accesso a tutte le forme di protezione internazionale.

Oltre 17mila persone sono arrivate in Italia e Malta quest’anno in nave dalla Libia e dalla Tunisia, un triplo rispetto al 2019. Tuttavia, il numero è drasticamente diminuito rispetto agli anni precedenti al 2019 ed è gestibile con volontà politica e solidarietà dell’Ue con le coste europee”.

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