Giustizia
Neanche il Coronavirus riesce a svuotare le carceri campane
Sono stati 920, in Campania, i detenuti che hanno beneficiato di misure alternative al carcere per effetto delle iniziative governative adottate a seguito dell’emergenza Covid. Su un totale di 6.400, perché tanti sono gli uomini e le donne reclusi nei penitenziari della regione, 920 non è un grande numero.
«All’indomani dell’adozione delle misure governative, i risultati in termini di riduzione degli indici di sovraffollamento e di contenimento del rischio sanitario sono stati, come previsto, assai modesti», si legge nella relazione firmata dal garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello per tirare le somme degli ultimi mesi di vita negli istituti di pena della Campania. Le misure emergenziali sono scadute il 30 giugno, ma ancora in Campania c’è oltre un centinaio di casi pendenti per i quali si attende la decisione dei giudici della Sorveglianza. Per analizzare gli effetti del decreto sulle carceri, bisogna partire dalla fase del lockdown.
Aprile scorso: la pandemia era in corso, l’emergenza sanitaria era ancora a livelli allarmanti. A metà mese, nell’istituto di Poggioreale, a fronte di 120 istanze avanzate con riferimento al decreto “Cura Italia”, solo 14 avevano ricevuto accoglimento, di cui dieci nell’interesse di detenuti già sotto i sei mesi di pena residua da scontare, mentre quattro sono rimaste sospese in attesa di dispositivo di controllo elettronico, cioè di quel braccialetto elettronico tanto necessario per quanto difficile da reperire. Calcolando altre 12 ordinanze di rigetto che non hanno consentito di accogliere le richieste, sono state solo 26, sull’iniziale totale di 120, le richieste scrutinate dal Tribunale di Sorveglianza. Tutte respinte, invece, le 48 istanze presentate per motivi di salute: nessuna è stata accolta. Inoltre, delle 19 istanze di detenzione domiciliare per detenuti con più di 70 anni di età sono state solo quattro quelle valutate e accolte, mentre le altre 15 sono pendenti. E la situazione non è stata molto diversa nel carcere di Secondigliano, dove l’amministrazione ha avanzato 110 istanze sulla base del decreto “Cura Italia” e solo otto sono state accolte, mentre delle 233 richieste avanzate personalmente dai detenuti per motivi di salute sono state sei quelle vagliate favorevolmente. Mentre esiguo (circa una ventina) è il numero delle scarcerazioni concesse per attenuazione della misura cautelare.
A fronte di questi dati, il garante campano dei detenuti ha evidenziato l’alto numero di richieste sospese di liberazione anticipata. Richieste che, se valutate con tempismo, consentirebbero la scarcerazione immediata di un numero considerevole di detenuti. A Napoli, Poggioreale resta un carcere sovraffollato sebbene la popolazione detenuta, nella prima metà dell’anno, sia sensibilmente diminuita rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti. Un dato, questo, che viene valutato assieme alla riduzione del numero di persone sottoposte a misura cautelare entrate in carcere da marzo a giugno. «Quasi che l’emergenza sanitaria avesse ricordato il ruolo di extrema ratio riservato nel nostro sistema processuale alla custodia cautelare in carcere», sottolinea il garante regionale. Meno nuovi ingressi in carcere rispetto al passato, dunque. Ma anche tempi più lunghi per le decisioni giudiziarie. Nella relazione del garante Ciambriello si punta l’attenzione sui mancati provvedimenti di scarcerazione, sulle tante istanze pendenti (a eccezione di quelle che interessano i detenuti di Pozzuoli e Aversa per i quali i magistrati di Sorveglianza competenti hanno valutat tutti i casi).
«Molte restano le zone d’ombra su cui né il ministro né l’amministrazione penitenziaria hanno ancora fatto luce, impegnati probabilmente a discutere di scarcerazioni eccellenti (come se le altre vivessero una sorta di deminutio) e responsabilità da rimpallare, blindare o “murare”», chiosa Ciambriello esaltando il ruolo svolto da realtà sociali e di volontariato. Gli effetti della pandemia e di tutto quello che ha prodotto in termini di chiusure, stop delle attività, distanziamenti, sono ancora evidenti. «E la sensazione – conclude il garante – è quella che si stia perdendo un’occasione per riportare il trattamento e le misure alternative alla detenzione al centro delle politiche carcerarie».
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