"Guardo ai grillini come ad un fenomeno sociologico prima che politico"
“Non si sconfigge il populismo con l’uomo solo al comando”, intervista a Mario Giro

Roma, la posta in gioco va ben oltre il Campidoglio. A darne conto a Il Riformista è Mario Giro, ex vice ministro degli Esteri, esponente di primo piano di Demos e della Comunità di Sant’Egidio.
Mario Giro, come la spiega l’attuale campagna del centrosinistra per il comune di Roma? Non le pare un po’ moscia?
La vera campagna sarà a settembre, breve e senza esclusione di colpi come al solito. Purtroppo sarà meno sui contenuti che sulle sfide personali, ma si sa che la politica ormai è così. Quella che lei chiama moscia è la pre-campagna che è già coperta da questo agosto. Solo un assaggio.
Si però pare che la sinistra non esista: tante liste in fieri e nessuna caratterizzazione. Con un candidato sindaco un po’ opaco.
Guardi per me Gualtieri è il candidato giusto: meno improvvisazione e più serietà. Roma ha bisogno di una squadra seria e totalmente dedicata alla risoluzione dei numerosissimi problemi attorno ad un sindaco che non vive per apparire. È necessario amalgamare piuttosto che puntare tutto su un o una leader carismatici. Ho sempre criticato il leaderismo e il personalismo: funziona per un attimo e poi crolla. In Italia rottamiamo leader ogni sei mesi. Più che leaderismo ci vuole senso di leadership il che significa lavorare assieme e saper far lavorare gli altri: questo Gualtieri ce l’ha e lo ha già dimostrato.
Ma le liste della coalizione?
Ha ragione: a parte il Pd e parzialmente i verdi, come partito c’è solo la nostra Democrazia Solidale (Demos). Le altre sono liste di scopo, civiche nel senso che non rappresentano partiti ma la frammentazione degli eterni litigi della sinistra romana. Con tutto il rispetto è una condizione effimera. La sinistra radicale ha fatto una scelta affastellata dove ha trovato spazio di tutto, anche Liberare Roma che solo pochi mesi fa trattava con Calenda. Caudo presenta la lista para-Pd degli ex mariniani (nb Ignazio Marino) a dimostrazione che la ferita non è ancora sanata. La stessa civica del sindaco pare sia organizzata da ex Udc ed ex marchiniani come Alessandro Onorato, non una grande novità.
E Demos cosa rappresenta in tutto questo?
La vera e unica lista di “centrosinistra” – senza trattino -, un partito che vuole esserci per rimanere, non una lista di scopo. Nemmeno un accrocco per cercare seggi. Demos rappresenta la forza politica della società civile che non vuole più essere strumentalizzata da altri ma far risalire verso le istituzioni le istanze di base, quelle dei bisogni dei cittadini organizzati, in breve della società civile. Ci siamo stufati di farci rappresentare da altri: ora ci rappresentiamo da soli e tutti dovranno farci i conti, in primis il Pd.
Per questo vi presentate ovunque in Italia alle prossime amministrative?
Sì, saremo presenti con i nostri candidati – anzi direi candidate perché la maggioranza sono donne – anche a Napoli, Torino, Milano e in altre città minori. Demos vuole essere una voce nuova nel frammentato e confuso mondo della sinistra, non per urlare o litigare ma per affermare la visione della società civile senza farsi intimidire, e semmai avere uno spirito unitivo.
Calenda è molto critico con la vostra coalizione: dice che soltanto lui è la novità.
Calenda è stato un buon ministro: io c’ero e stimo la sua intelligenza e le sue capacità. Tuttavia non condivido, né in lui né in altri, la visione personalista dell’uomo solo al comando che tutto sa e tutto risolve. Una visione tecnocratica che si vorrebbe opporre al populismo trionfante….
Intende quello dei Cinque Stelle?
Sì. Guardo ai grillini come ad un fenomeno sociologico prima che politico. Si tratta della reazione di tutta una generazione stanca di non contare e –forse proprio a causa della propria impreparazione – si è riunita per sfondare le porte del palazzo. Ci è riuscita: tale fatto va rispettato e tenuto in conto: si tratta di un fenomeno sociale che viene da una domanda della società che non era stata accolta. Calenda vede in questo solo cattiva improvvisazione; per me si tratta di qualcosa di più. Il populismo è un fenomeno bifronte.
Ma a Roma come farete? C’è la Raggi.
Infatti, ha ragione. Io parlo dei Cinque Stelle che sono evoluti con il tempo, entrando nelle istituzioni, sono cambiati nel dialogo e nel confronto (anche duro) con le altre forze politiche. Il caso della Raggi è unico: non ha voluto parlare o confrontarsi quasi con nessuno, nemmeno dentro il Movimento, presa da un automatismo autoreferenziale. In questo suo fare da sola, ha portato Roma all’immobilismo.
Eppure è ancora popolare…
Chi non fa niente non sbaglia, è ovvio.
E la destra?
Michetti è solo un istrione. Roma merita ben altro e mi sorprende che la destra non abbia trovato di meglio.
Torno a Calenda che vi accusa di avere accordi sottobanco con la Raggi.
Con lei no. Con il M5S è un’altra storia ed è alla luce del sole. Il Pd in regione ci tratta: è stata la politica di Zingaretti che anche Demos sostiene come dimostra l’ottimo lavoro in consiglio regionale del nostro consigliere Paolo Ciani.
Che è andato bene alle primarie…
Sì, la stampa, anche se in ritardo, ha parlato di “sorpresa Ciani” che ha superato i più noti Battaglia o Fassina. Per Demos una grande soddisfazione ed ora stiamo pensando di presentare Ciani capolista alle comunali. Tra l’altro dimenticavo di dire che Demos si presenta in tutti i municipi, dove già alle primarie ha espresso candidati presidenti.
Paolo Ciani è anche il coordinatore di Demos nazionale. Come l’avete scoperto?
Si è scoperto da solo: è stato tra i primi e i più decisi a voler tentare l’avventura nazionale dopo la parziale esperienza della legislatura precedente (2013-2018). Nel Lazio ha intessuto una rete di relazioni molto estesa, come si è visto alle elezioni di Cassino, di Monterotondo ecc. dove Demos ha consiglieri e assessori. Ciani ha superato in maniera brillante le primarie romane ma è molto conosciuto anche nel resto d’Italia.
Quindi alla fine come pensate di superare queste elezioni romane?
Ci serve un buon risultato per mostrare che esiste una forza di centrosinistra e che il Pd non è solo. E’ difficile fare davvero una sana competizione interna nel centrosinistra, non quella finta delle liste di scopo. Ma anche il quadro nazionale dimostra che il Pd non può fare tutto da solo. Ha bisogno di alleati reali, che pungolino oltre che partecipare, non alleati di comodo, nel senso di correnti interne o esterne al Pd stesso. Va cambiata la solita immagine del Pd cioè quella di proprietario, magari debole ma pur sempre proprietario, di tutto il centrosinistra. Alcuni come Renzi e Calenda non hanno avuto pazienza e hanno sbattuto la porta; altri si barcamenano ambiguamente tra ostilità e opportunismi. La nostra posizione è diversa: non siamo ostili al Pd che non ha sostituti possibili. Ma al contempo siamo chiari nelle nostre battaglie e non cediamo, come sulle migrazioni o sulle diseguaglianze sociali. Alleati ma non subalterni né ostili.
Siete consapevoli che fare un partito in questa situazione sembra quasi una follia?
Lo sappiamo ma crediamo fortemente che solo ricostruendo una rete umana dal basso si possa durare nel tempo E’ ciò che stiamo facendo. Non ci interessano le manovre che ora si sprecano al centro dello scacchiere politico.
Che intende dire?
Faccio riferimento alle manovre – “centrali” se non centriste – che stanno coinvolgendo l’area che va da Italia Viva, a Azione, a Forza Italia, a Coraggio Italia, a +Europa ecc. Una riaggregazione sarebbe auspicabile se ci fosse chiarezza di contenuti e non solo manovre personalistiche, magari in vista dell’elezione del presidente della Repubblica. Demos non è interessata ad una aggregazione liberale: il liberalismo deve prima fare autocritica per aver provocato il divorzio tra liberismo e democrazia. Demos è più interessata ad un dialogo sui temi sociali ma per ora tali soggetti sono interessati ad altro. Non ci piacciono nemmeno le battaglie ideologiche sui diritti che dividono invece di unire.
Si riferisce al Ddl Zan?
Esatto. Una volta che la Cei (vedi le dichiarazioni del card. Bassetti) era disposta a trattare non si vede perché non è stato fatto e si è dovuti arrivare allo stallo. E’ arroganza non prendere in considerazione l’offerta della chiesa italiana. Appare chiaro che si vuole lo scontro e la divisione più che una legge. L’idea di contarsi in parlamento è contraria allo spirito della Costituzione: il parlamento è il luogo del dialogo e del compromesso non dello scontro. Se fosse così non si sarebbe scritta nemmeno la costituzione stessa. Non serve “aver ragione” per fare una buona legge: serve unire le varie anime. E se qualcuno crede che l’altro sia in mala fede, allora non c’è più nulla da fare: non si è più nell’ambito della politica democratica ma in quello dell’ideologismo puro che non ha mai portato da nessuna parte.
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