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Öcalan scioglie il Pkk. Rifugiato in Italia ed espulso nel ’99. “Il piccolo successo del governo è archiviato nel silenzio generale”

Abdullah Öcalan, rifugiato in Italia, nel febbraio del 1999, veniva espulso dal governo D’Alema, che inizialmente gli aveva dato asilo, e consegnato ai suoi carcerieri turchi. È ancora oggi considerato come un profeta da buona parte dei circa quaranta milioni di curdi del Medio Oriente. La sua parola vale come quella di un oracolo: non sorprende che il suo appello del 27 febbraio abbia assunto una dimensione storica. In una dichiarazione letta da un ex parlamentare curdo che gli ha fatto visita in carcere, Öcalan ha invitato i suoi sostenitori ad abbandonare la lotta armata e ha chiesto lo scioglimento del Partito dei lavoratori del Kurdistan, formazione marxista conosciuta con la sigla Pkk, di cui è il fondatore. Ozgur Ozel, il presidente del maggior partito di opposizione in Turchia, il socialdemocratico Chp, ha definito “importante” l’appello.
Recentemente l’ex premier ha commentato così la notizia dell’appello da parte di Ocalan allo scioglimento del Pkk: «È un fatto positivo, un messaggio coraggioso che spero venga raccolto dal governo turco, da Erdogan come una possibilità concreta di pacificare un lungo e doloroso conflitto e che ci sia dall’altra parte l’apertura al riconoscimento dei diritti dei curdi nel momento in cui essi rinunciano alla lotta armata». Qui, brevi estratti dalle pagine del “Vecchio diario” che Claudio Velardi aveva scritto nei giorni in cui D’Alema doveva gestire la crisi.
Öcalan avrebbe dovuto essere spedito via (dove non lo so e non voglio saperlo). Se ne occupano Minniti, Latorre e Cuillo. Dipartimenti da rifare. De Ioanna ritarda, blocca, impedisce, e noi cerchiamo di cambiare qualcosa. È il tema eterno della burocrazia. […] Öcalan è libero perché la magistratura tedesca ha revocato l’ordine di cattura internazionale. La vicenda ha aspetti ridicoli, soprattutto per i tedeschi. Ma ora è più facile o difficile l’allontanamento del curdo? È più difficile certamente.
[…] Latorre va dai curdi, poi dai libici, successivamente si incontra direttamente con Öcalan per dirgli che se ne deve andare subito, con le sue gambe, se non vuole che i turchi già sbarcati dall’Albania lo facciano fuori. Il casino è grande. D’Alema incassa il via libera dei capigruppo parlamentari ed è calmo e sornione. Ma non so quanto governi la situazione. […] La cosa più grave di tutte è che noi siamo stati gli ultimi a sapere di Öcalan. Erano informati i tedeschi, l’Interpol, la direzione generale del ministero di Grazia e Giustizia. Il governo non sapeva nulla.
[…] Così Latorre va da Öcalan per convincerlo ad andare via, a Roma viene giù un palazzo e ci sono trenta morti, alle 22 e 30 Clinton bombarda l’Iraq. Una concentrazione assurda di guai. Dico a D’Alema che usufruirà anche lui del fattore Iraq. Domani vedrà le forze sociali per chiudere il patto per il lavoro. Lo firmeranno, succederà come in America, dove hanno rinviato la procedura di impeachment per Clinton.
Öcalan va via. Dove? Si cerca una soluzione. Sento parlare di Yemen, Croazia, sempre via Russia. C’è un gran giro di servizi segreti: i turchi hanno saputo, perché i palestinesi hanno avvisato gli israeliani che glielo hanno detto. Un casino.
[…] Öcalan dovrebbe partire per la Russia e poi per una destinazione sua, con un aereo della Snam. Vedremo come andrà a finire. Öcalan non è partito. Ci stanno prendendo in giro, forse anche i servizi, che prendono ordini dagli americani. Non so come vanno le cose, parliamoci chiaro! È difficile farsi un’idea precisa…
[…] Öcalan se n’è andato. Finalmente. I giornali ne parlano poco o nulla. Un piccolo successo del governo è archiviato nel silenzio generale, mentre impazza la polemica nell’Ulivo.
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