Il cadavere di Franca Musso fu trovato in una valigia buttata nelle campagne di Vercelli. Aveva 54 anni quando scomparve di casa. Era il 4 novembre 2017, il suo cadavere fu ritrovato un anno dopo la sua scomparsa fatto a pezzi. Un omicidio terribile, di cui a due anni di distanza ancora non si è trovato un colpevole. La Procura di Vercelli si è arresa: “Non ci sono elementi concreti per proseguire con le indagini”. Con queste parole il caso è stato archiviato.

Franca aveva 54 anni quando è scomparsa. Si era da poco trasferita a Tronzano, paese del Vercellese, dopo aver abitato a Fogliazzo nel torinese. Viveva sola con i suoi due cani in un cascinale, donna schiva che non dava mai confidenza a nessuno. Faceva dei lavoretti per vivere in modo modesto, nulla più. A un tratto scomparve nel nulla. A dare l’allarme sua sorella con la quale era molto legata. Franca era scomparsa senza lasciare nemmeno un biglietto di spiegazioni.

“Non avevo più sue notizie da giorni e quando sono andata a cercarla la casa era vuota”, aveva detto la sorella affermando di aver presentato denuncia il 16 ottobre dell’anno precedente. “Questo silenzio non è da lei”, aveva confidato agli investigatori. Poi è passato un anno di nulla.

A scoprire la valigia tra le sterpaglie, un cane di un gruppo di cacciatori lombardi, impegnati in una battuta tra i boschi. Era stato attratto dall’odore forte che emanava quel fardello. Difficile dare un nome a quei resti, ormai in avanzato stato di decomposizione. Non c’era un volto. Un’identità. Tanto che per riconoscere la donna e poterle dare un nome gli inquirenti hanno dovuto usare una protesi vertebrale individuata dall’autopsia, affidata al medico legale Cristina Cattaneo, lo stesso del caso di Yara Gambirasio. La valigia era probabilmente stata lanciata dal ponte dell’autostrada che passa sopra quel campo.

La Procura le ha provate tutte. Sono stati passati al setaccio movimenti bancari e celle telefoniche agganciate dal suo cellulare, fatti esami sulla valigia, cercate impronte. Senza esito. L’ultima speranza era appesa ad alcuni peli ritrovati nella valigia. Una perizia affidata allo studio di biologia e genetica forense di Parma, che ha però certificato che i peli appartenevano a Franca Musso. Un buco nell’acqua. L’ennesimo. Così come l’indagato a cui gli inquirenti erano arrivati sfogliando il diario della donna. Era stata lei a raccontare di un litigio con quell’amico che frequentava assiduamente. Ma l’inchiesta non è decollata: il giallo della donna morta in valigia rischia di rimanere senza una fine.

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