Nel Sì & No del giorno del Riformista spazio al dibattito sul Pandoro-gate che ha visto come protagonista Chiara Ferragni. La polemica sta durando troppo? Favorevole il direttore Andrea Ruggieri, contrario l’economista Riccardo Puglisi.

Qui sotto il commento di Andrea Ruggieri:

Possibile che in Italia non si riesca a scindere priorità da effimero, roba seria da facezia di costume? Chiara Ferragni ha sbagliato, alla grande, ma non da sola. Anche Balocco ha avuto un atteggiamento discutibile e sanzionato dall’Autorità. Chiara Ferragni ha dimostrato un’ipocrisia assoluta e indigeribile; rappresenta un personaggio che se resta nell’ambito del suo lavoro, fa alla grande la professionista (influenza le scelte dei consumatori). Ma se pretende di diventare opinion maker compie un passo che la sua competenza non le consente.

Spiace dirlo, e io non sono certo un tipo snob, ma Ferragni e marito non sanno nulla di quello di cui a volte pontificano. Quindi il silenzio, e un minor protagonismo, sarebbero una scelta migliore. Per loro, e per chi li segue. E ammantare di buonismo quel che è inseguimento del profitto non solo non è richiesto, ma è insopportabile. Fine della questione che definirei di costume. Non mi piace infatti l’accanimento per cui in una sola notte da santi si diventa, complice un errore, degli untori, e si viene additati come la causa di tutti i mali. Ci vorrebbe un po’ più di misura, un po’ più di equilibrio. La Ferragni non era una santa prima, non è Belzebù oggi. E molti dei suoi spietati critici si dimostrano goffi nel saltare sulla coda della sua popolarità solo per acquisirne, criticandola, delle briciole, che dimostrano quanto anche alcuni suoi spietati giudici siano malati dello stesso suo virus: la mania di protagonismo mediatico.

Detto ciò, io credo che ci siamo soffermati troppo su una questione davvero marginale. E il fatto che tenga ancora oggi banco sulle prime di quotidiani online e siti vari illustra la nostra inadeguatezza ai tempi che corrono e a quelli che verranno. Davvero la Ferragni è il problema numero uno di questa Nazione? Credo proprio di no. Abbiamo ben altro di cui preoccuparci e su cui scannarci con almeno uguale intensità. Non vorrei fare per l’ennesima volta l’elenco delle priorità di cui si dovrebbe discutere, ma credo che, nell’ordine, se ci si concentrasse su altro rischieremmo un paese migliore. Con vantaggio di tutti.

Il Wall Street Journal dedica due pagine alla vergogna italiana del servizio taxi, e qui nessuno affronta la riforma della mobilità. L’Italia invecchia e rischia di perdere il 25% del suo Pil nei prossimi vent’anni, e di dover tassare ancor più di quanto -troppo- già non faccia oggi i propri pochi giovani che rimarranno a mantenere un esercito di anziani pensionati che sarà il triplo degli italiani in età da lavoro, cui ci sarà da pagare le pensioni e le spese sanitarie (ce lo ha ribadito Elon Musk, non proprio un influencer, qualche settimana fa). Dovremmo agire oggi per evitare l’altrimenti certo fallimento di domani e nessuno ne discute. Abbiamo un sistema di gestione dei beni culturali che è del tutto infruttuoso (il Colosseo incassa 53 milioni di euro contro i 250 del Museo di Scienze Naturali di Manhattan), ma nessuno apre il dibattito su come la modernità possa far decuplicare gli incassi, grazie a cui ci sarebbero tonnellate di bellissimi lavori in più a disposizione di chi vive in Italia. Ogni giorno tre italiani subiscono un errore della magistratura che impunita sfascia vite a gogò. C’è un debito pubblico che ci costa un sacco di soldi di interessi (leggi, tasse) ogni anno che nessuno vuole ridurre seriamente. E noi stiamo a perdere tempo, energie e occasioni a parlare di gente che finge a favore di social, senza pensare che il successo su cui basa quella finzione glielo abbiamo garantito noi. L’abbiamo criticata. Ora basta e andiamo oltre. Altrimenti saremo molto peggio di lei.