Giunto alla sua settima edizione, il rapporto annuale di Srm, centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo, costituisce un appuntamento di approfondimento e di riflessione davvero prezioso per valutare le tendenze in atto sui temi dell’economia del mare e della logistica. La scelta, adottata quest’anno nel rapporto di Srm, è stata quella di contestualizzare l’analisi di settore partendo dagli effetti della pandemia. Si tratta di una doverosa necessità, non solo perché il crollo dei traffici ha assunto dimensioni particolarmente rilevanti nel corso del 2020, ma soprattutto perché – anche nello scenario degli anni futuri – le ricadute degli eventi ancora in corso saranno destinate a incidere anche nello scenario di medio termine. Sono anche tanti altri i temi che Srm analizza – dalla sostenibilità ambientale alla intermodalità, dalle sfide della rotta artica al futuro dei porti meridionali – ma vale la pena di focalizzare la nostra attenzione sugli effetti del Covid-19.

Alcuni indicatori segnalano con chiarezza la rilevanza della crisi marittima in corso. È nel settore del traffico passeggeri e crocieristico che si è determinata una radicale recessione dei traffici, per effetto delle restrizioni alla mobilità. Nei traffici commerciali, che hanno dovuto invece assicurare, anche in lockdown, continuità delle connessioni per assicurare il mantenimento delle catene logistiche, la contrazione della domanda è sostanzialmente in linea con la riduzione della produzione industriale. Si sono verificati effetti congiunturali e strutturali che saranno destinati a modificare la struttura dei commerci internazionali non solo nello scenario pandemico. Cominciamo ad analizzare gli impatti congiunturali. Dopo 38 mesi consecutivi di crescita, il canale di Suez ha fatto registrare, nel mese di maggio 2020, un calo di poco inferiore al 10% in termini di stazza delle navi transitate. Molte compagnie, visto il basso prezzo del petrolio, hanno preferito non varcare il canale, nonostante una massiccia politica di scontistica applicata dall’Autorità di Suez sulle tariffe di transito, affrontando invece la circumnavigazione del capo di Buona Speranza, con circa 3mila miglia aggiuntive di navigazione.

Un secondo indicatore, che evidenzia la forte crisi congiunturale dell’economia marittima, riguarda la cancellazione di rotte marittime programmate, con navi che, pur avendo una partenza prevista, non l’hanno effettuata oppure non hanno toccato scali per mancanza di carichi da imbarcare o sbarcare. Nella rotta che più interessa l’Italia, vale a dire l’asse di collegamento tra Asia ed Europa, nel periodo tra aprile e giugno 2020 si sono registrate 84 partenze non effettuate rispetto alle 374 schedulate, con una riduzione del 22,5%. Numeri ancor più rilevanti di cancellazioni si sono verificati lungo la rotta transpacifica, quella che collega l’Asia con gli Stati Uniti. Nel mondo la flotta inattiva rappresenta oggi l’11,6% sul totale della capacità della flotta per il trasporto dei container. Questa scelta delle compagnie armatoriali ha consentito di mantenere stabili i noli che altrimenti avrebbero registrato un drastico crollo.
Di pari passo rispetto al calo della domanda di traffici commerciali marittimi, i numeri della congiuntura economica sono davvero senza precedenti, con una recessione di molto superiore a quella che si era verificata a seguito della crisi finanziaria del 2008.

Gli istituti internazionali di ricerca prevedono una flessione del pil mondiale su base annua attorno al 5%, con una caduta ancora maggiore nelle economie di più matura industrializzazione: in particolare, per l’Eurozona, dovrebbe determinarsi una riduzione del 10,2%. Si prevede che il commercio mondiale segnerà una riduzione su base annua dell’11,9%, con un rimbalzo positivo nel 2021 pari all’8%. Nello shipping la contrazione della domanda dovrebbe essere pari al 5,4%. Questi sono gli elementi di discontinuità congiunturale che emergono dalla lettura delle informazioni disponibili. Nella sua analisi, Srm delinea poi quali possano essere gli elementi strutturali che si determineranno per effetto della rottura determinata sull’economia internazionale dalla pandemia in corso.

È ancora troppo presto per tracciare conclusioni univoche rispetto a un quadro di riferimento mondiale fortemente connotato da incertezze. Con molta probabilità vivremo una stagione di regionalizzazione della globalizzazione, con una tendenza verso la ristrutturazione delle catene di approvvigionamento, in uno scenario ancora caratterizzato da perduranti tensioni protezionistiche, effetti della Brexit, ruolo sempre più forte della geopolitica negli investimenti logistici, crescente rilevanza delle innovazioni tecnologiche e della digitalizzazione.