Gli altoparlanti fissati sui pali nella neve ripetevano all’infinito, scandendo le sillabe la stessa sequenza: “Ein, Zwei, Drei: Stalingrad, Massengrab”. E di nuovo: “Ein Zwei, Drei, Stalingrad-Massengrab”. I soldati tedeschi che avevano invaso la Russia e combattevano forsennatamente per entrare a Stalingrado sapevano il significato di quella sequenza di parole pronunciate da una voce metallica: ogni tre secondi un soldato invasore crepa nella fossa comune di Stalingrado, non uno di voi uscirà vivo dal vostro inferno.

Per decenni i documentari hanno riprodotto quel rap che dava il ritmo della caduta dei cadaveri tedeschi nella fossa comune. Il gruppo dei “Panzerfaust” ne fece uno spettacolo esaltante che si concludeva con queste parole “The god of war had gone to the other side”, il dio della guerra ha cambiato campo e sta per chi combatte per la sua terra invasa, prima di inseguire l’invasore sulla sua terra e uccidere il loro mandante. È sembrato ovvio per quasi ottant’anni che non ci fossero dubbi chi fossero i buoni e chi i cattivi, a Stalingrado, dove si gridava all’invasore: vattene, se non vuoi essere ucciso. Italo Calvino scriverà “Avvoltoio vola via, via dalla terra mia”.

Leggo con costernazione che il Direttore di questo giornale, Piero Sansonetti, non è più d’accordo perché sostiene, in analogia, che se Vladimir Putin avesse pronunciato una frase come questa: “Ucraini, ribellatevi a Zelensky oppure vi uccideremo ad uno ad uno” ci sarebbe stato uno scandalo di proporzioni mondiali e sarebbe stato chiesto subito un processo internazionale per crimini contro l’umanità per Putin, perché “non è forse un crimine contro l’umanità minacciare uno sterminio?”. Confesso di essermi confuso e di non riuscire più a dipanare la matassa: dunque se l’invaso, come l’Urss del 1941, minaccia di uccidere gli invasori ad uno ad uno è un criminale di guerra? Se mi impancassi in una polemica a colpi di specchi incrociati e rovesci della medaglia non ne usciremmo più e non è davvero tempo di perder tempo. In questo momento, mentre voi leggete, un gigantesco convoglio militare di dimensioni straordinarie ma ben noto a tutti gli Stati Maggiori del mondo, sta attraversando la Russia per portare i suoi apparati di detonatori atomici in direzione del fronte ucraino.

Come va interpretato? Un carro allegorico o una minaccia di sterminio? Sono d’accordo anch’io: minacciare uno sterminio, dovrebbe essere un crimine contro l’umanità. Ma non si deve drammatizzare, anzi: proviamo a sorridere come si fa al Cremlino dove Putin e Medveev in questi ultimi due giorni hanno ripetuto, l’uno con l’animo irato della digestione acida, e l’altro, quello vero, con l’abituale compostezza, che l’uso della bomba atomica è una questione militare e non morale, perché se la bomba serve, serve. Ma adesso è il popolo ucraino che si scrolla di dosso un’armata di ferraglia cingolata priva di uomini capaci di combattere per una causa. L’esercito russo è fatto di soldati bambini che scappano e abbandonano i tank per chiedere alle mamme ucraine di prestargli il cellulare con cui chiamare casa, come l’alieno Et.

Ma dilaga la moda di guardare dall’altra parte, quella del muro bianco nella nebbia, simulando che esista un enorme spazio per i diplomatici e per politici non meglio identificati, i quali come i Sette Nani dovrebbero fermare la strage, trovare la quadra e in definitiva imporre agli ucraini di perdere le loro terre rubate a mano armata e abitate da gente che anche se parla russo – come lo stesso Zelensky, vuole essere e restare Ucraina, non vuole tornare sotto Mosca e non avrete visto un solo fi ore, un solo abbraccio per i soldati russi invasori dai loro pretesi connazionali, impegnati a sparagli con tutte le armi che avevano in casa. Putin del resto ha confessato di non avere la più pallida idea di quali siano i confini delle terre appena conquistate e annesse, ma che stanno già tornando giorno dopo giorno nelle mani ucraine con grandi festeggiamenti e pianti e abbracci e ringraziamenti e gli spettri che tornano alla luce dalle cantine in cui hanno vissuto sussurrando in russo, per sfuggire ai russi.

Per la prima volta Putin e il suo corpo d’armata sono stati presi in giro dalla televisione russa perché considerati ridicoli e nemici dell’onore russo. Le ultime dal fronte dicono che esiste una corrente di pensiero militare russo che suggerisce di compiere su territorio russo, ma ai confini dell’Ucraina una “esercitazione atomica” per far capire dall’altra parte della frontiera l’effetto che fa. Altri favoleggiano di bombe tattiche piccolissime che non esistono perché una bomba tattica è come quella di Hiroshima E qui vorrei toccare, in tollerato dissenso col direttore Sansonetti, la questione dell’invio delle armi e del loro valore morale. Lo dico a chi ha più di cinquanta anni, perché la guerra del Vietnam finì nel 1974 ed è proprio di quella guerra che voglio parlare, per arrivare alla connessione con questa guerra furba, truccata, retorica, cui viene negato l’ethos, cui viene negato il valore umano, il valore delle donne che fuggono per salvare il futuro dell’Ucraina mentre padri, fratelli e mariti sono al fronte.

Ricordiamo ancora una volta la guerra del Vietnam, un piccolo Paese asiatico comunista e oggi alleato degli americani contro la Cina, che dopo la cacciata dei giapponesi si batté vittoriosamente contro due potenze occidentali, la Francia prima e poi gli Stati Uniti, vincendo entrambe le volte sul campo. E noi? Dove eravamo noi, in quegli anni? In strada. A urlare e sventolare bandiere vietnamite. Mia fi glia piccolissima, era il 1966, mi chiedeva: “Andiamo a gridare giù le mani dal Vietnam?” Ci spellavamo le mani per applaudire Ho Chi- Minh e il generale Giap e sono sicuro che nella folla c’eravamo tutti, sia io che Sansonetti e tutti quelli della nostra generazione inneggiando ai valorosi partigiani. Vietcong e al magnifico esercito nordvietnamita che travolse sul campo di battaglia prima i francesi a Diem Bien-fu nel 1954 e poi la superpotenza mondiale americana.

Vinsero, i vietnamiti, perché avevano il più forte esercito del mondo grazie ai milioni di tonnellate di armi, munizioni, vettovagliamenti, bombe, cannoni, che per dodici anni l’Unione Sovietica e la Cina popolare consegnavano ogni giorno al governo di Hanoi, il quale le smistava ai combattenti quell’esercito regolare e ai partigiani del Sud. Gli americani credevano di combattere contro dei guerriglieri con la cerbottana e invece avevano di fronte divisioni, reggimenti, plotoni, capitali, sergenti e colonnelli. Penso che sia a causa dell’età, ma ci credete? Non ricordo uno, uno solo di noi o del fronte opposto che dicesse: “Ma che cosa fanno Russia e Cina? Ma non vedono che fornendo le armi al Vietnam prolungano una guerra sanguinosissima (dodici anni e tre milioni di morti)? Ma quando mai”.

Gli americani ebbero la tentazione di colpire “i santuari” di cui russi e cinesi si servivano per rifornire i vietnamiti, come la Cambogia e il Laos, ma nessuno ebbe mai il fegato di sostenere che quella guerra si prolungava atrocemente soltanto perché due grandi potenze rovesciavano armi per miliardi di dollari con cui armare e resuscitare continuamente il piccolo esercito vietnamita. Ed è lì che la confusione mi voglie di nuovo. Non ho capito: è cosa buona che Urss e Cina sostenessero militarmente il loro alleato Vietnam aggredito da una potenza straniera come gli Stati Uniti, mentre invece oggi è male, malissimo, satanico, immorale che l’Ucraina sia sostenuta da chi ha paura della Russia comunque essa si chiami? Qualcuno mormora le due abusate parole: Guerra Fredda.

Abusate perché sottendono la finzione morale dello scontro ideologico fra capitalismo e comunismo, mentre ci fu, c’era e c’è uno e un unico scontro totalmente armato, militare, fra una Russia che cerca di papparsi l’Europa (come aveva programmato Stalin nel 1939 alleandosi con Hitler) e cacciare gli americani come risulta esplicitamente da tutti i verbali delle esercitazioni del Patto di Varsavia (la Nato dell’Est), che sono pubblici e pubblicati. Io non ricordo di aver visto nessuno protestare per l’invio delle armi al Vietnam. E neanche a Cuba, all’Eritrea, ovunque ci fossero focolai di guerre locali e no, Ero dunque cieco? Ero anche sordo? Piero Sansonetti a quell’epoca ci ammoniva o non ancora del male che con quelle armi si faceva all’umanità tutta? E i papi? Dove erano e che facevano i papi, oltre che morire e succedersi in lapidi con i numeri romani.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.