Assessore al Bilancio del Comune di Napoli, ex sottosegretario all’Economia e figura di primo piano del riformismo italiano, Pier Paolo Baretta è un osservatore privilegiato dei processi di trasformazione in corso nel Mezzogiorno. In questa intervista riflette con noi sul valore della Zes Unica, sull’attrattività del Sud e sulle sfide ancora aperte per rendere Napoli una città capace di attrarre investimenti, oltre che turisti. Dalla semplificazione amministrativa alla Coppa America del 2025, passando per il tema cruciale della visione politica e della tenuta economica degli Enti locali, Baretta offre uno sguardo lucido e mai scontato su ciò che serve davvero per far ripartire il Sud.

Assessore, oggi si parla molto della Zes Unica per il Mezzogiorno. Anche se non direttamente in capo all’assessorato al Bilancio, secondo lei questo strumento può davvero incidere sulle dinamiche economiche di una città come Napoli?
«Potrebbe, o meglio, avrebbe potuto. L’idea della Zes Unica era interessante perché faceva sistema, affrontando l’intero territorio meridionale come un’unica rete. Tuttavia, questa visione iniziale si è scontrata con una riduzione degli strumenti previsti: il credito d’imposta che doveva arrivare al 60% è stato ridimensionato. Senza strumenti adeguati, il rischio è che resti solo un annuncio».

La semplificazione amministrativa e fiscale è uno dei capisaldi della Zes. Dal suo osservatorio, Napoli è pronta a cogliere questa opportunità o servono ulteriori interventi?
«Napoli sta vivendo un cambio di fase interessante: c’è una forte spinta turistica, stanno arrivando realtà industriali moderne, e si profilano grandi eventi come la Coppa America nel 2027, la Capitale europea dello Sport nel 2026, e persino i 2.500 anni dalla fondazione della città. Ma non basta. Abbiamo vincoli di bilancio da predissesto: nonostante abbiamo già ridotto il debito di oltre un miliardo, la città continua ad essere trattata come se fosse ferma. Servono un salto di logica e strumenti che consentano ai Comuni di agire con margini più ampi».

Pensa che eventi come la Coppa America possano incidere sulla reputazione internazionale della città anche per attrarre investimenti produttivi, e non solo turismo?
«Assolutamente sì, ma a una condizione: che non siano eventi effimeri. La Coppa America può diventare l’occasione per lasciare segni strutturali nella città, migliorare aree come Bagnoli e favorire la mobilità, come stiamo già facendo con il Pnrr. Non possiamo accontentarci del turismo. Serve una progettualità che resti anche dopo che le luci degli eventi si spengono».

L’attrattività del Mezzogiorno si gioca anche su capitale umano e infrastrutture. Su cosa dovrebbe puntare Napoli nei prossimi anni?
«Due sono le leve strategiche: la cultura e la logistica. L’Italia detiene il 70% del patrimonio artistico mondiale, e più di 40 siti Unesco. Napoli deve sfruttare questa identità culturale. Dall’altro lato, il Mediterraneo sta tornando centrale nei traffici globali, e Napoli ha un porto strategico. È la terza città italiana, l’ottava metropoli europea e una vera capitale del Mediterraneo. Cultura e commercio sono le due chiavi per costruire il suo futuro».

Che ruolo possono avere i Comuni e le città metropolitane nel nuovo assetto economico del Paese, anche alla luce del Pnrr e dell’autonomia differenziata?
«Un ruolo fondamentale. I dati ci dicono che i Comuni gestiscono oltre il 60% della spesa pubblica d’investimento.
Le città sono i nuovi motori dello sviluppo: il vero punto di rigenerazione economica. Ma per farlo bisogna che abbiano strumenti adeguati e autonomia vera. Senza tutto ciò, le metropoli rischiano di rimanere ferme».

Cosa significa oggi per lei lavorare al rilancio di Napoli? È più una sfida tecnica o un dovere civico?
«È entrambe le cose. C’è la dimensione tecnica – con tutte le difficoltà di bilancio e di gestione normativa – ma c’è anche una dimensione etica. Siamo chiamati a costruire un’ipotesi di futuro in un momento storico difficile. Napoli ha bisogno di riferimenti, e le amministrazioni locali devono essere in grado di rappresentare questa stabilità. Per me è anche una sfida personale che vivo con emozione e grande senso di responsabilità».