La transizione energetica del sistema portuale nazionale rappresenta una sfida che impone di guardare ai porti non più come semplici infrastrutture logistiche, bensì quali snodi strategici, luoghi di interconnessione tra merci, persone ed energia. Sono porte spalancate sul futuro. I temi di cui Wec si fa custode e promotrice, come in occasione del workshop promosso a Napoli, parlano la lingua della modernità, facendo convergere idee e visioni indispensabili per sostenere e amplificare il processo di transizione che stiamo attraversando.

Se partiamo dall’assunto che oltre il 90% delle emissioni che produciamo nel nostro Paese è attribuibile al trasporto stradale, appare imprescindibile puntare con determinazione sul potenziamento della rete ferroviaria e sullo sviluppo dei collegamenti marittimi, con i porti in modo particolare che possono essere determinanti in questo processo. Questa è una visione che, come Mit e come governo, stiamo traducendo in azioni concrete: lo conferma la quota da 1.1 miliardi di euro a valere su fondi Pnrr e Pnc destinata all’elettrificazione delle banchine di 41 tra porti core e porti comprehensive della rete TEN-T, tra cui proprio Napoli, con l’obiettivo ambizioso di ridurre del 78% le emissioni di CO2 dovute alla sosta delle navi nei porti principali entro il 2030 ed eliminare circa 130mila tonnellate di CO2 l’anno solo nei porti del Mezzogiorno. Ancora, penso ai 250 milioni di euro per l’efficientamento energetico delle infrastrutture portuali, nonché gli ulteriori 270 milioni di euro destinati al progetto Green Ports, sostenuto da fondi Pnrr, che vede come attuatori le nove AdSP del Centro-Nord, con l’obiettivo di rendere le attività portuali sostenibili e compatibili con i contesti urbani portuali.

Non si dimentichino poi le grandi opportunità che possono derivare sia dalla ZES che dalle ZLS ai fini della transizione green del nostro sistema portuale, con queste ultime soprattutto che immaginiamo possano diventare luoghi privilegiati per lo sviluppo di CER industriali ed energetiche, in cui porti, imprese e comunità locali cooperino per produrre, scambiare e autoconsumare energia pulita. C’è poi il significativo programma di incentivi all’intermodalità al quale abbiamo destinato 230 milioni di euro rifinanziando misure specifiche per gli anni 2023/2027. Un programma portato avanti da questo governo in maniera strategica, anche in chiave di contromisure al temuto fenomeno del back shift derivante dalle ipertassazioni europee che gravano come una scure e rischiano di riportare il Paese anni indietro, riportando su strada i milioni di tonnellate di merci che nel tempo sono state ricondotte sulle rotte delle autostrade del mare.

Cogliere le opportunità legate alla transizione non significa solo ridurre le emissioni: si tratta di cambiare paradigma. I porti devono diventare hub di innovazione, generatori di sviluppo sostenibile e di lavoro qualificato. Investire nella transizione energetica portuale significa rafforzare il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo, rendere più forti le nostre imprese, più attrattivi i nostri territori, più sostenibile la nostra crescita. Significa cogliere un’occasione storica di sviluppo per tutto il Paese, a partire proprio dal Sud e dai suoi porti.

Tullio Ferrante

Autore

Sottosegretario alle Infrastrutture e ai trasporti