Economia
Post Pnrr e il governo delle transizioni. Teoria e tecnica di una economia duale
Sono necessarie azioni di coordinamento tra istituzioni, impostando una nuova infrastruttura economica fatta di azioni di programmazione e di pianificazione congiunta

Esistono delle fasi di un paese in cui gli strumenti diventano confusi con il sistema di obiettivi ed è vitale discernere in tempo le indicazioni utili per definire meglio gli scenari futuri, definire i contorni della desiderabilità di quegli scenari e della effettiva probabilità che quegli scenari siano fattibili. La quinta revisione del Pnrr trasmessa dal governo al parlamento è già fase Post Pnrr, perché delinea l’insieme di attività, azioni, riformulazioni, politiche necessarie a garantire e ad identificare da un lato chi si assume l’onere del debito contratto che non si è manifestato nei tempi ristretti del Pnrr nelle infrastrutture promesse e dall’altro garantire comunque le attività di programmazione e di pianificazione sia di mano pubblica che privata del complesso sistema degli investimenti in strade, ferrovie, sistemi idrici, digitale, ospedali, scuole, reti energetiche. Facendo salvi gli effetti dei bandi di gara già assegnati, il post Pnrr è un “piano di performance” e descrive per molti lavori il limite, il confine fisico su cui si fermeranno i cantieri, con il rischio che la “funzionalità” delle infrastrutture cioè la capacità di produrre comunque i servizi connessi siano nella migliore delle ipotesi ritardate rispetto ai cronoprogrammi autorizzati o addirittura impossibili da conseguire nel termine promesso.
Ed è proprio sulle performance attese del post Pnrr, dei contesti di transizione che il paese vive che sembra confuso il sistema di obiettivi e gli strumenti necessari per conseguire quegli obiettivi. A differenza della Germania che identifica con politiche industriali chiare, che possono più o meno piacere come la conversione di parte dell’industria civile in industria militare, il post Pnrr italiano sembra timido, inerziale ed orfano di una visione strategica del futuro del paese.
In un contesto italiano di riferimento caratterizzato da transizioni demografiche, digitali, ambientali, quella di natura geopolitica ha forti impatti, soprattutto in relazione al contesto temporale di riferimento che ci stiamo apprestando a vivere, quello del post Pnrr, soprattutto perché, mai come in questo momento, è necessario distinguere e non confondere gli obiettivi della politica con gli strumenti per conseguirla.
È il caso dell’impatto della transizione geopolitica sulle spese per la difesa: da un lato quella del mondo militare, dall’altra quella sul mondo “civile” riferita alla catena di approvvigionamento delle materie prime, alle catene di creazione di valore dei e negli ormai precari luoghi dello scambio tra domanda ed offerta di beni e servizi generando modifiche delle catene logistiche, della localizzazione produttiva e dei costi di produzione di beni intermedi e finali.
In entrambi i casi si confondono strumenti ed obiettivi: se il sistema di obiettivi è la riduzione delle fragilità di un paese, allora gli “Inviti ad agire per lo Stato membro” per la elaborazione di un piano 2.0 di Mobilità militare nell’UE ( e non dell’Ue), devono essere innestati in un piano programma più vasto ed orientato al miglioramento della mobilità attraverso progetti di infrastrutture a duplice uso in tutti i settori dei trasporti, con una particolare attenzione alle azioni di trasporto che affrontano al contempo le “altre” transizioni: l’azione per il clima, i progetti volti a migliorare la sicurezza energetica, quelli volti a migliorare la cybersicurezza, fino ad arrivare alle azioni orientate ad incidere sulla capacità delle reti fisiche di soddisfare i requisiti infrastrutturali individuati nei requisiti militari.
Su questo estremo ventaglio di azioni possibili sembrerebbe necessario “attrezzare” la scelta politica della pianificazione strategica di caratteristiche tipiche di una economia duale. Sono necessarie azioni di coordinamento tra istituzioni, è necessario impostare una nuova infrastruttura economica, fatta di azioni di programmazione e di pianificazione congiunta. È necessario trattare ogni singolo investimento in corridoi multimodali dual use: come in occasione del Pnrr è stato trattato l’impatto “ambientale” con il principio, discutibile, del Do Not Significant Harm, ora sarebbe necessario inserire nelle valutazioni di fattibilità economica un corrispondente principio di Do not significant Fragiize, almeno non aumentare la fragilità del sistema. Mettere al centro delle scelte, cioè degli strumenti, l’obiettivo di abbattere le sicurezze minate dalle fragilità antropiche, digitali, energetiche, ambientali e quindi la produzione industriale dei servizi dei territori, sembra, al momento, fuori dalla performance del post Pnrr. Inutile sottolineare che tra le infrastrutture andrebbe inserita anche quella della trasparenza, della rendicontazione contabile e della corretta imputazione dei costi “affondati” e di quelli operativi per la gestione delle infrastrutture, riformulando buona parte delle funzioni di regolazione affidate ad autorità di settore. Sì perché mentre altri paesi rafforzano le funzioni industriali dei propri territori, compresa quella trasportistica ad uso duale, il post Pnrr italiano con i piani di investimento decennali nel settore della mobilità affida e delega ad una autorità di concorrenza il rafforzamento del settore. Quanto di meno politico (apparentemente) esista.
Forse non è sufficiente la semplice finalizzazione di una qualche percentuale di Pil all’economia della difesa e, probabilmente una economia pubblica duale è la vera infrastruttura economica che va costruita ora, senza confondere gli obiettivi con gli strumenti.
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