L'inchiesta Monte Paschi di Siena
Procura di Milano senza pace, Greco di nuovo indagato: abuso d’ufficio
Non c’è pace per la Procura di Milano, dopo la notizia che Francesco Greco è indagato di nuovo a Brescia, dopo la vicenda Amara-Loggia Ungheria (in cui è stato archiviato) e l’accusa di “pigrizia” tornata alla ribalta con l’assoluzione da parte del gup di Brescia del suo accusatore Paolo Storari. La nuova imputazione, emersa da una richiesta di proroga indagini della Procura di Brescia, è di abuso d’ufficio, reato di per sé non grave, ma molto serio in questo caso perché adombra il sospetto che con la sua inerzia (ancora) e le ripetute richieste di archiviazione e assoluzione, la Procura presieduta da Greco abbia inteso agevolare gli ex dirigenti del Monte Paschi di Siena, il presidente Alessandro Profumo e l’ad Fabrizio Viola.
La vicenda è particolarmente spinosa perché segnala, oltre alla parte strettamente processuale, uno scontro senza esclusione di colpi ancora una volta con la Procura Generale, ma anche con diversi giudici per le indagini preliminari, in particolare con Guido Salvini. E coinvolge anche, oltre ai tre pm che condussero le indagini, Stefano Civardi, Giordano Baggio e Mauro Clerici, l’ex assessore al bilancio del Comune di Milano, il professor Roberto Tasca, per una perizia ritenuta falsa. Un bel guazzabuglio, e anche un problema, alla vigilia della nomina del successore di Francesco Greco che vede tra i candidati anche il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, che darebbe continuità a una Procura e a quel metodo univoco fin dai tempi di Saverio Borrelli e il pool Mani Pulite che oggi è da più parti messo in discussione. Quello di cui stiamo parlando oggi riguarda il filone milanese della complessa inchiesta su Mps, che vede al centro i conti dell’istituto di credito nei bilanci dal 2012 al 2015 relativamente ai derivati Alexandria e Santorini, che erano stati sottoscritti dal Monte con Deutsche Bank e Nomura.
Derivati sottoscritti per coprire la perdita di due miliardi di euro derivante dall’operazione di acquisti di Antonveneta. Che i derivati non abbiano portato fortuna ai dirigenti di Mps lo dimostra il fatto che il 15 ottobre del 2020 la seconda sezione del tribunale di Milano, presieduta dal giudice Flores Tanga, ha condannato Alessandro Profumo (nel frattempo transitato a Leonardo) e Fabrizio Viola a sei anni di reclusione e a una multa di 2,5 milioni di euro ciascuno, per aggiotaggio e false comunicazioni sociali in relazione alla semestrale del 2015 della banca senese. I due ex dirigenti sono stati condannati anche a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e due di interdizione dagli uffici pubblici d’impresa. Tre anni e sei mesi per false comunicazioni sociali anche all’ex presidente del collegio sindacale Paolo Salvadori, mentre la stessa banca, sulla base della legge 231 del 2001 sulle responsabilità degli Enti, ha subito una sanzione di 800.000 euro. Fino a qui, a leggere le cronache di quel giorno, la notizia vera non era tanto quella delle condanne –era pur sempre solo un primo grado di giudizio- quanto lo schiaffo morale subito dalla Procura, che aveva chiesto l’assoluzione per tutti gli imputati. Ma il fatto più significativo, quello per cui oggi sono indagati Greco e i tre sostituti, è quel che avvenne prima del processo e che appare alquanto sconcertante. Soprattutto se ci aiuta, nella lettura politica della vicenda, tutto quel che è accaduto in seguito, dal processo Eni con gli scontri tra pm ma anche con la Procura generale, fino al capitolo Amara-Loggia Ungheria.
Che cosa viene infatti contestato all’ex procuratore milanese e ai suoi sostituti? Prima di tutto il fatto di aver omesso una serie di atti d’indagine e di avere di conseguenza favorito Profumo e Viola. È un sospetto molto grave, che non riguarda solo una sorta di pigrizia mentale, una sbadataggine superficiale nell’espletamento del proprio dovere, ma addirittura un comportamento attivo e voluto, finalizzato –sospettano il procuratore capo di Brescia, Francesco Prete e la pm Erica Battaglia- a coprire le tante smagliature e i reati commessi dalla dirigenza di Mps. Ma c’è di più. Perché gli uomini della Procura avrebbero fatto orecchi da mercante rispetto alle ripetute richieste di chiarimento avanzate dalla Procura generale. La quale si era attivata in quanto la legge sulle persone giuridiche, quali le banche, prevede che se la pubblica accusa decide di archiviare un’inchiesta, debba farlo con decreto motivato e poi sia obbligata a darne comunicazione alla procura generale. Che cosa avevano fatto invece in quel caso i pm di Milano? Avevano scritto il decreto e poi, rispetto alle tante richieste di chiarimento della pg Gemma Gualdi, avevano fatto finta di non sentire. È stato allora che la dottoressa aveva richiesto la perizia al professor Tasca.
Ma era anche accaduto in seguito, che altri sospetti siano stati avanzati dal giudice delle indagini preliminari Guido Salvini. Il quale, non convinto della conformità di quella perizia, si sarebbe a sua volta rivolto a un altro tecnico del settore, Gian Gaetano Bellavia. Il quale ha ribaltato completamente la perizia del collega, che è oggi indagato per falso, proprio per quell’ esame ritenuto “non conforme”. E ha anche smentito la procura di Milano, che aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta.
Gian Gaetano Bellavia, commercialista ed esperto di diritto penale dell’economia, è stato sentito come persona informata sui fatti nei giorni scorsi a Brescia. In seguito alla sua deposizione è stato aperto un nuovo filone di inchiesta sulla corretta contabilizzazione dei crediti deteriorati di Mps e sono state iscritte sul registro degli indagati altre sette persone. Ma questa è ancora la parte strettamente processuale. Il racconto sulla parte politica –si, dobbiamo chiamarla così- non è ancora finito. Perché nel frattempo sono spariti dalla scena milanese (ma non da quella bresciana deve dovranno difendersi nelle indagini per abuso d’ufficio) i primi pm che indagavano su Mps. Francesco Greco, andato in pensione e poi promosso consulente alla legalità dal nuovo sindaco di Roma Roberto Gualtieri.
Ma anche i pm Civardi, Clerici e Baggio, i quali hanno deciso di gettare la spugna dopo esser stati denunciati a Brescia dal grande accusatore di Mps Giuseppe Bivona, fondatore di Bluebell Partners. Ma non finisce qui. Perché anche la stessa sostituta pg Gemma Gualdi, colei che aveva invano e costantemente chiesto ai colleghi milanesi chiarimenti su quel decreto di archiviazione delle indagini sulla banca (cui del resto era seguita anche la proposta di assoluzione degli imputati nel processo), alla fine si era arresa e aveva segnalato il fatto a Brescia, competente per eventuali reati imputabili a magistrati milanesi. Cosa che ha particolarmente irritato il difensore di Francesco Greco, Massimo Dinoia, avvocato molto noto a Milano fin dai tempi di Mani Pulite. Il legale si dice sicuro del fatto che anche questa inchiesta, come già quella sul caso della Loggia Ungheria, finirà con l’archiviazione della posizione del suo assistito. Il che è probabile -dal momento che la responsabilità penale è personale- se l’ex procuratore non ha svolto un ruolo attivo nel comportamento, davvero singolare, dei suoi sostituti.
Ma il legale mette anche il dito nella piaga dei rapporti tra la procura della repubblica e quella generale e lancia una luce di sospetto sul fatto che “qualcuno si sia rivolto alla procura di Brescia” mentre i processi sono ancora in corso. Oltre alle nuove indagini infatti, si sta svolgendo l’appello del primo processo, in cui la pg Gualdi ha già chiesto la conferma delle condanne, con qualche riduzione per sopraggiunte prescrizioni. Ma, escludendo che l’avvocato Dinoia nella sua nota si sia preso la briga di dare attenzione a Giuseppe Bivona (de minimis non curat praetor), pare che parli proprio della dottoressa Gualdi, quando avverte del fatto che essersi rivolti alla procura di Brescia “appare improprio e pericoloso per la giurisdizione e per la doverosa tutela dell’autonomia e indipendenza dei magistrati della Procura di Milano, soprattutto in un momento delicato come questo, in cui il Csm deve nominare il nuovo procuratore”. Benvenuti nell’agone del Palazzo di giustizia di Milano.
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