La Procura generale di Perugia non molla Luca Palamara. I magistrati umbri in una nota firmata dal procuratore generale Sergio Sottani hanno infatti annunciato di aver impugnato la sentenza del Gup di Perugia che lo scorso 15 ottobre aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti dell’ex pm di Roma e presidente dell’Anm per le accuse di rivelazione segreto d’ufficio in concorso con l’ex procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio.

La Procura generale contesta davanti alla Corte d’appello di Perugia la decisione assolutoria dello scorso ottobre, chiedendo il rinvio a giudizio di Palamara: secondo la sentenza di due mesi fa la rivelazione delle notizie, comunicate il 3 aprile 2019 al collega Palamara da parte di Fuzio, quale componente del Comitato di Presidenza del Csm, non erano coperte da segreto d’ufficio, in quanto ancora non secretate dal Csm, per cui si era ritenuto che “il fatto non sussisteva”.

Se per un verso, spiega l’ufficio giudiziario di Perugia, “la decisione del Tribunale riconosce il concorso di ambedue i magistrati nella condotta rivelatrice di notizie d’ufficio, ad avviso della Procura generale perugina l’allora procuratore generale della Cassazione, quale membro di diritto del Comitato di Presidenza del Csm, era tenuto, proprio per la sua funzione, ad osservare il segreto sugli atti di cui era venuto a conoscenza, che nello specifico erano costituiti dal contenuto di un esposto presentato da un magistrato nei confronti dell’allora Procuratore della Repubblica di Roma“.

Per cui, prosegue la nota, l’aver comunicato le notizie per telefono a Palamara, “ha costituito violazione del segreto a cui il magistrato, anche quale titolare del potere di azione disciplinare, era comunque tenuto“.

Sono cadute le principali accuse”, aveva commentato Palamara dopo il proscioglimento dall’accusa di rivelazione d’ufficio. L’ex presidente dell’Anm era stato invece rinviato a giudizio, assieme al magistrato Stefano Rocco Fava (ora giudice a Latina) con l’accusa di rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio ai giornalisti di due quotidiani, Il Fatto Quotidiano e La Verità.

L’accusa nei confronti di Palamara e Fava è di aver rivelato ai giornalisti che l’ex legale estero di Eni Piero Amara, ‘gola profonda’ della presunta Loggia Ungheria, fosse destinatario di una misura cautelare per il delitto di autoriciclaggio.

Anche nei confronti di Riccardo Fuzio, per cui si è proceduto separatamente per lo stesso fatto ma con rito abbreviato, la Procura Generale di Perugia ha impugnato la sentenza assolutoria dello scorso 23 luglio.

Redazione

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