«Premesso che non stato istigato da Luca Palamara, ho solo voluto segnalare agli organi competenti e nel rispetto della legge cosa stava accadendo alla Procura di Roma». A dirlo è l’ex pm della Capitale Stefano Rocco Fava. Alla Prima commissione del Consiglio superiore della magistratura, competente sulle inchieste riguardanti le toghe, non sono state però sufficienti venti riunioni per stabilire se Fava avesse ragione o meno quando segnalò a Palazzo dei Marescialli il 2 aprile del 2019 alcune mancate astensioni da parte del procuratore Giuseppe Pignatone. Secondo Fava, Pignatone, in diversi procedimenti penali di cui era assegnatario, pur in presenza di conflitti d’interesse come gli incarichi dati da alcuni indagati al fratello avvocato, avrebbe continuato a condurre le indagini.

Vale la pena ripercorrere tutte le tappe che hanno portato all’archiviazione dell’esposto “per superamento dei termini”, che verrà votata in Plenum la prossima settimana. Una archiviazione avvenuta «senza che il Csm mi abbia sentito», ricorda Fava. Dopo essere stato esaminato dal Comitato di presidenza, composto dal vice presidente del Csm David Ermini e dai capi della Corte di Cassazione, il procuratore generale ed il primo presidente, il 6 maggio 2019 la Prima commissione decide di aprire la pratica, dando subito mandato alla segreteria di svolgere gli adempimenti di rito. Il 13 maggio viene deliberato di chiedere a Paola Piraccini, segretario generale del Csm ed ora nella Commissione per la riforma del Csm voluta dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia, di fornire il cd, conservato in cassaforte, con la documentazione prodotta da Fava. Il relatore della pratica è il togato di Magistratura indipendente Paolo Criscuoli.

Il 20 maggio, non essendo ancora arrivato il cd, viene fatto un “sollecito” per una completa valutazione dell’esposto. Il relatore propone di chiedere al procuratore generale della Corte d’appello di Roma Giovanni Salvi e al procuratore di Roma facente funzioni Michele Prestipino gli atti e provvedimenti di rispettiva competenza su questa vicenda. Il 23 maggio la Commissione si riserva di ascoltare Fava e blocca la data del 2 luglio. Sul punto ci sono contrarietà. La togata progressista Alessandra Dal Moro, prima di sentire Fava, vuole leggere in maniera approfondita gli atti. Il 29 maggio scoppia il Palamaragate e la pratica prende subito tutta un’altra strada. Il 3 giugno, con i giornali pieni di notizie sulla cena dell’hotel Champagne fra Luca Palamara, i deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti, e cinque togati del Csm, viene revocata l’audizione di Fava e viene disposto che il cd resti nella disponibilità della dottoressa Pieraccini. Sono giorni di grande tensione. Inizia un pressing fortissimo per chiedere le dimissioni dei cinque togati che hanno partecipato all’incontro con Palamara.

Alla riunione del 6 giugno si decide il destino di Criscuoli, uno dei cinque, nel frattempo “autosospesosi”. Il primo luglio Criscuoli molla e relatore diventa il laico in quota Forza Italia Alessio Lanzi, presidente della Commissione. Viene deciso, finalmente, di distribuire il cd con gli atti. Il posto di Criscuoli viene preso dal davighiano Giuseppe Marra. Il 2 luglio, dopo due mesi, avviene la distribuzione del cd. Il 4 luglio, vista la presenza di un altro fascicolo che interessa Fava, si decide per la loro riunione. Viene bocciata la proposta di ascoltare Fava avanzata da Marra. Il 9 luglio viene autorizzata l’acquisizione di copia, desecretata, delle intercettazione effettuate dalla Procura di Perugia nei confronti di Palamara. L’11 luglio Fava decide di chiedere di essere trasferito dalla Procura di Roma. La Commissione si riserva di sentirlo il 19 settembre. Il 15 luglio viene dato parere favorevole al trasferimento di Fava che diventa giudice civile al tribunale di Latina.

Il 22 luglio si discute delle richieste di atti presentate dal difensore di Fava. Il 25 luglio viene nuovamente messa in discussione l’audizione di Fava prevista per il 19 settembre. La togata Dal Moro chiede di archiviare l’esposto. Lanzi, invece, propone di esaminare in maniera approfondita gli atti. Nel fascicolo finiscono, nel frattempo, anche le intercettazioni trasmesse da Perugia. Il Csm chiude per ferie e si riprende il 12 settembre con il togato Sebastiano Ardita che propone di sentire Fava una volta che saranno chiuse le indagini di Perugia e comunque di “attendere un mese”. La Commissione propone di chiedere a Perugia che tempi ci saranno (le indagini saranno chiuse il 19 aprile 2020, ndr). L’audizione di Fava viene rimandata a data da destinarsi. Il 9 ottobre la Commissione si riunisce ancora e decide di rinviare la pratica ad una prossima stante la “complessità della vicenda”. Il 10 dicembre stanno scadendo i termini per chiudere la pratica e viene disposta una proroga di tre mesi. Ardita è il nuovo presidente della Commissione al posto di Lanzi. Esce la togata Dal Moro ed entra il giudice Giovanni Zaccaro. Relatore è adesso Emanuele Basile, laico in quota Lega.

Il 20 aprile del 2020 Zaccaro fa presente che i termini processuali sono sospesi a causa della pandemia. Il 23 aprile, nuova riunione, dove Basile chiede di attendere il 15 maggio quando scadrà la sospensione per decidere di archiviare l’esposto. Il 15 giugno la pratica è ormai prossima alla scadenza. È trascorso oltre un anno e Fava non è mai stato sentito. La Commissione prende atto che da Roma non sono stati trasmessi tutti gli atti richiesti circa le mancate astensioni segnalate da Fava nei fascicoli. Si decide di chiederne, in particolare a Prestipino che da poco è diventato procuratore della Capitale, il motivo. Per giustificare il mancato invio degli atti al Csm, infatti, era stato fatto cenno a non ben definite “ragioni di segreto investigativo”. Ma sarà tutto inutile: il 26 giugno 2020 la “prescrizione” cadrà inesorabile sull’esposto di Fava. La pratica avrà uno strascico lo scorso febbraio con la richiesta, accolta da parte della Commissione, di dare gli atti ai difensori di Fava. Archiviato in questo modo l’esposto, «vorrei però sapere per quale motivo Pignatone decise di togliermi il fascicolo nei confronti dell’avvocato Piero Amara», aggiunge Fava. A chi il compito di rispondere? Sempre al Csm.