Aumentano di ora in ora le firme dei magistrati milanesi a sostegno del pm Paolo Storari, finito nei scorsi giorni sotto la scure del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, titolare dell’azione disciplinare.

Storari, secondo Salvi, avrebbe gettato “discredito” sul procuratore di Milano Francesco Greco e sulla sua più stretta e fidata collaboratrice, l’aggiunto Laura Pedio, consegnando i verbali dell’avvocato Piero Amara sulla loggia Ungheria a Piercamillo Davigo.

Per questo motivo Salvi ha chiesto alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura di trasferire Storari, cambiandogli anche le funzioni: da pm a giudice. Una richiesta durissima in quanto Storari ha sempre dichiarato di aver fatto solo il proprio dovere.

Il pg della Cassazione, noto ai più per aver indetto lo scorso anno, prima volta nella storia, una conferenza stampa per annunciare azioni disciplinari per la vicenda dell’hotel Champagne e per essere l’autore della circolare che esclude la punibilità per i magistrati che si “autosponsorizzano” per un incarico, è colui che in passato aveva la “vigilanza”, quando era procuratore generale della Corte di Appello di Roma, su Giuseppe Pignatone, collocato da Luca Palamara al centro del “sistema”.

La vigilanza di Salvi su Pignatone riguardava, in particolare, i rapporti professionali intrattenuti dal fratello di quest’ultimo, il tributarista Roberto, con l’avvocato Amara e l’imprenditore Ezio Bigotti che il Riformista ha raccontato la scorsa settimana.

Per Salvi, come si legge nel suo provvedimento del 9 aprile 2019 che ha certificato la bontà dell’operato dell’ex procuratore di Roma, «va solo conclusivamente rilevato che il dr Giuseppe Pignatone rappresentò correttamente a questo ufficio tutti i profili di potenziale incompatibilità di sua iniziativa e non appena ne venne a conoscenza informandone peraltro i magistrati del suo ufficio».

La realtà, però, è “leggermente” diversa. Il Riformista, infatti, ha avuto modo di visionare l’intera pratica.
Per capire come andarono effettivamente le cose, è necessario però partire dalla fine.

Il 19 marzo 2019, 20 giorni prima della nota di Salvi, l’ex procuratore di Roma scrive all’allora pm Stefano Rocco Fava: «Ribadisco quanto affermato durante la riunione del 5 c.m. con i colleghi Prestipino (Michele), Sabelli (Rodolfo), Ielo (Paolo), Palazzi (Mario) e Tucci (Fabrizio) e cioè di essere sicuro di aver informato la S.V. a suo tempo, e cioè nella seconda metà del 2016 quando divennero oggetto di indagini l’Amara Pietro e il Bigotti Ezio, dell’esistenza di rapporti professionali peraltro già cessati tra il Bigotti e mio fratello avv. Roberto Pignatone».

Sempre nella stessa nota Pignatone scrive: «Di tutto era stato informato tempestivamente il procuratore generale (Salvi)».

Nella richiesta di astensione del 17 maggio 2017, Pignatone aveva scritto a Salvi che del primo procedimento penale che ha visto indagato il faccendiere Fabrizio Centofanti per corruzione – il procedimento numero 7175/16 c/ RICUCCI ed altri – aveva avuto notizia prima dell’estate del 2016.

Scrive infatti: «In epoca di poco successiva (all’arresto del fratello di Centofanti avvenuto il 4 maggio 2016) sono emersi a carico del Centofanti Fabrizio indizi di reità in ordine al reato di cui agli artt. 319 ter e 321 cp nell’ambito di un procedimento iscritto originariamente a carico del noto imprenditore Ricucci Stefano e del dr Nicola Russo consigliere di Stato».

Sempre nella richiesta di astensione del 17 maggio 2017, Pignatone scrive: «Subito dopo l’estate 2016 la figura del Centofanti è emersa in altro procedimento penale n. 44630/ 16 mod. 21 di cui sono titolari oltre che il dr G. Cascini anche i dottori Ielo, Tescaroli (Luca) e Fava».

Passano due anni e il 4 marzo 2019 Pignatone scrive a Fava: «Voglio invece ricordare che allorquando nel corso dell’anno 2016 questo ufficio ha iniziato, iscrivendoli nel registro degli indagati, indagini preliminari nei confronti di Amara Piero e Bigotti Ezio nell’ambito di più procedimenti penali ho subito informato la S.V. e tutti gli altri colleghi di volta in volta interessati (dr. G. Cascini, dr. Ielo, dr. Tescaroli, dr. Sabelli e dr. Palazzi), nonché gli ufficiali di p.g. delegati per le indagini, che sapevo – in modo del tutto vago – che essi avevano rapporti professionali con mio fratello avvocato Roberto Pignatone, professore associato di diritto tributario a Palermo e che esercita attività di avvocato e consulente in tale settore (e che non ha mai difeso in nessun procedimento penale a Roma)».

Nella stessa nota si legge: «Ho a suo tempo dettagliatamente informato il procuratore generale che con suo provvedimento del 3 luglio 2017 ha ritenuto che non ci fosse alcun elemento che rendesse opportuna, o tanto meno necessaria, la mia astensione».
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