Il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi non può rimanere al proprio posto. È quanto si legge – tra le righe – in un appello, firmato da un settantina di magistrati “indipendenti” e a cui ha subito aderito il Partito Radicale, indirizzato ieri al capo dello Stato Sergio Mattarella. Alla base della richiesta delle toghe “non correntizzate” le rivelazioni, al momento non smentite, contenute nel libro-intervista “Il Sistema” di Luca Palamara. Rivelazioni che hanno appannato l’immagine del procuratore generale della Cassazione, il “primo pm” d’Italia.

Salvi, mai nominato in maniera esplicita nell’appello, secondo quanto riportato nel libro, per caldeggiare la propria nomina a procuratore generale della Cassazione, nel 2016 avrebbe, presente l’allora vice presidente del Csm Giovanni Legnini, invitato Palamara, in quel periodo signore indiscusso delle nomine a Palazzo dei Marescialli, “su una splendida terrazza di un lussuoso albergo nei pressi di Corso Vittorio Emanuele” a Roma. La vicenda di Salvi, così come raccontata, rappresenta il classico caso di “autopromozione” togato. Il problema, però, è che Salvi, titolare dell’azione disciplinare, ha emanato la scorsa estate una circolare con la quale sono stati indicati i “criteri di valutazione” delle famigerate chat di Palamara, escludendo l’illecito per i magistrati che si erano “autosponsorizzati”. “Questi criteri sono stati elaborati dal gruppo di lavoro che è composto dal procuratore aggiunto Luigi Salvato e dall’avvocato generale Piero Gaeta”, disse Salvi in una conferenza stampa.

Il “piccolo” problema è che i nomi di Gaeta e di Salvato ricorrono spessissimo nelle chat di Palamara. Gaeta, in particolare, esponente di Magistratura democratica, come Salvi, aveva poi rappresentato l’accusa nel processo al Csm nei confronti di Palamara. Un classico “corto circuito”: i titolari dell’azione disciplinare, Salvi, Gaeta e Salvato, indagano colui al quale avrebbero chiesto di essere nominati. Tornando, invece, al Palamaragate, la Procura di Perugia ieri ha modificato il capo di imputazione, come suggerito dal gip, nei confronti dell’ex presidente dell’Anm.

Il nuovo reato è “corruzione in atti giudiziari” in relazione a un’inchiesta che vedeva coinvolto l’imprenditore Fabrizio Centofanti a Messina e a Roma. Il procuratore Raffaele Cantone ha depositato durante l’udienza preliminare una informativa del Gico della guardia di finanza dopo aver interrogato per l’ennesima volta gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore. Un tormentone a puntate quello delle testimonianze di Amara, noto al grande pubblico per essere l’ideatore del Sistema Siracusa, l’associazione creata per aggiustare i processi e pilotare le sentenze al Consiglio di Stato grazie a giudici compiacenti.