«Salvi e Cascini perché non querelate?». Nella lunga lista di magistrati che, a poco più di due giorni dall’uscita del libro Il Sistema, ritenendosi diffamati hanno dato mandato ai propri avvocati di querelare Luca Palamara, primi fra tutti Paolo Ielo, procuratore aggiunto a Roma, e Antonio Esposito, già presidente di sezione in Cassazione, mancano due nomi di “peso”: il capo delegazione di Area, la corrente di sinistra delle toghe, al Csm Giuseppe Cascini, e il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, anch’egli di Area.

Ad “insospettirsi” del fatto che i due alti magistrati fino a ieri sera non avessero denunciato Palamara stati i loro stessi colleghi che hanno deciso di pubblicare una lettera aperta. Salvi, secondo la ricostruzione contenuta nel libro, per caldeggiare la propria nomina a Procuratore generale della Cassazione, nel 2016 avrebbe, presente il vice presidente del Csm Giovanni Legnini, invitato Palamara, allora potente zar delle nomine a Palazzo dei Marescialli, «su una splendida terrazza di un lussuoso albergo nei pressi di Corso Vittorio Emanuele». «Un candidato che incontra privatamente il presidente della Commissione che dovrà giudicarlo?», domanda Alessandro Sallusti, il coautore del libro. E Palamara risponde: «Appunto, nella vita dei comuni mortali se queste cose le fa un politico su una nomina pubblica finisce sotto inchiesta, se lo fa un magistrato nulla da dire».

Palamara ricostruisce dettagliatamente l’incontro al termine del quale non si sarebbe sbilanciato. Legnini, preoccupato, gli avrebbe allora detto di «non fare scherzi, su Salvi ho preso un impegno con il Quirinale».
Nulla da fare. La nomina andrà poi a Riccardo Fuzio, detto “baffetto”, esponente di Unicost, la corrente di cui Palamara è stato leader indiscusso per un decennio. Legnini, terminato il voto, così avrebbe replicato a Palamara: «Mi hai umiliato agli occhi del Quirinale, penseranno che io non conto nulla». Su Cascini, invece, la vicenda è già stata raccontata nei giorni scorsi dal Riformista. A luglio 2018, quando la consiliatura del Csm stava volgendo al termine, Cascini avrebbe avvisato Palamara che esisteva una intercettazione telefonica fra Giovanni Legnini e l’ex ministro Paolo Cirino Pomicino. Nella telefonata il vice presidente del Csm aveva espresso giudizi molto pesanti nei confronti di Henry John Woodcock. Il pm napoletano, in quel momento sotto procedimento disciplinare al Csm per come aveva condotto l’indagine Consip, sarebbe stato intenzionato a far arrivare questa intercettazione ai giornali per dimostrare la non imparzialità di Legnini.

Una mossa che avrebbe messo in pessima luce il vice presidente che presiedeva il collegio, di cui faceva parte Palamara, e che doveva emettere la sentenza. Cascini, allora, avrebbe avvisato Palamara che era meglio che il procedimento disciplinare si fermasse. Cosa che poi avvenne. Da un lato, dunque, “l’autopromozione” per una nomina, dall’altra l’ingerenza in un procedimento disciplinare. «O smentiscono in maniera convincente o si devono dimettere», concludono quindi le toghe.

Prima firmataria della lettera la giudice di Cassazione Milena Balsamo, poi Clementina Forleo, il pg di Messina Felice Lima, il giudice di sorveglianza di Verona Andrea Mirenda e il gip a Ragusa Andrea Reale, uno dei capi di Articolo 101, il gruppo “anti correnti”. In serata, invece, è arrivata la notizia che la Prima commissione del Csm è pronta ad ascoltare Palamara. L’ex presidente dell’Anm aveva fatto un appello in tal senso ieri sul Riformista. «Non abbiamo una richiesta formale, ma la sua proposta potrebbe essere accolta», ha detto il vice presidente della Prima commissione, competente sulle incompatibilità dei magistrati, Alessio Lanzi (FI).