Magistratura Democratica, molto conosciuta con la sua sigla, Md, nasce nel 1964, un anno indubbiamente di grandi speranze perché il contesto era quello dei primi governi di centro-sinistra, in sostanza l’alleanza tra democristiani e socialisti. Il perno di tutto all’inizio fu l’attuazione della Costituzione reclamata non solo dalle forze dell’opposizione perché, in pratica, la Carta aveva subito una sorta di congelamento con i governi centristi all’interno e la “guerra fredda” in ambito internazionale.

Ma si trattava anche di garanzie per le classi lavoratrici di diritti sociali, di applicare lo Statuto per rimuovere gli ostacoli che limitavano uguaglianza e libertà dei cittadini. Insomma, Md nasce per interpretare le leggi a favore dei lavoratori per superare la figura del giudice come mero tecnico che vive in una sorte di torre d’avorio. Furono messi in discussione i valori tradizionali della magistratura. Ad aiutare la nuova corrente di sinistra fu la spinta al cambiamento sociale. Magistratura Democratica si schiera per il cosiddetto “Intervento esterno”, il privilegiare il rapporto e la collaborazione con le forze politiche e sociali che sono a favore del cambiamento. Ma la corrente venne investita dai problemi posti dalla giurisdizione, prima la strategia della tensione poi il terrorismo. In Md nell’analisi della lotta armata c’erano tre anime: una completamente legata al Pci, il partito della fermezza e delle leggi speciali anche forzando (eufemismo) la Costituzione, un’altra che stava in mezzo a cercare di mediare e un’altra ancora molto garantista nel perorare la causa della “democrazia che si difende con la democrazia”.

A operare fu una piccola pattuglia ma molto determinata di magistrati distribuita tra Roma e Milano che ben presto venne emarginata e accusata addirittura di “fiancheggiamento”. Da ricordare la vicenda di due magistrati milanesi, Romano Canosa e Amedeo Santosuosso, sottoposti a procedimento disciplinare a causa delle loro posizioni garantiste riguardo alle inchieste sul terrorismo. L’allora procuratore generale della Cassazione arrivò ad affermare che i due magistrati erano «più pericolosi delle Brigate Rosse perché almeno le Br ti sparano e stanno davanti a te». A Padova un giudice del caso Sette aprile, che non era neanche di sinistra, fu ricusato perché aveva osato affermare: “stanno facendo un processo per quattro giornaletti”. Ancora a Milano il pm Antonio Bevere organizzatore della cena alla quale parteciparono Toni Negri e Emilio Alessandrini di lì a poco ucciso da Prima Linea fu sentito come testimone nell’inchiesta ma emarginato e trattato come un appestato dalla maggior parte della sua corrente. In quella indagine ci fu una sola teste ad affermare il falso a verbale in merito ai partecipanti alla cena.

Fu la vedova Alessandrini, mai indagata però. Era la criminalizzazione della peperonata. Con il proliferare degli arresti e le lunghe carcerazioni preventive andarono in frantumi rapporti di amicizia decennali. Rapporti in parte mai ricuciti e in parte sì, come è nelle cose della vita. La frattura interna verificatasi sul terrorismo non venne replicata quando il protagonismo dei magistrati si ingigantì con le inchieste sulla corruzione. La crescita del ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura come organo di autogoverno e di garanzia (in verità presunta, molto presunta) dell’indipendenza della magistratura fu il prodotto soprattutto delle iniziative e dell’attività di Md. Non si può dimenticare la replica del presidente della Repubblica Cossiga che mandò i carabinieri a Palazzo dei Marescialli per impedire una riunione.

Negli anni di Mani pulite poi Magistratura Democratica fu la punta di diamante della categoria togata soprattutto nell’infinita polemica con Silvio Berlusconi e la Fininvest. La corrente agiva in modo compatto. Va ricordato però un piccolo episodio molto poco pubblicizzato: quello del procedimento disciplinare al pubblico ministero Ilda Boccassini che utilizzando gli appunti di un poliziotto aveva fatto apparire come funzionante una microspia inceppata messa dalla procura di Milano in un bar romano dove si riunivano per il caffè di metà mattina un po’ di giudici sospettati di prendere mazzette. Boccassini fu prosciolta ma un componente del Csm targato Md volle spiegare: «La collega è stata assolta ma un magistrato certe cose non solo non le deve fare ma neanche pensare». Una mosca bianca, insomma.

Per capire la storia di Md, di cosa è diventata, basta pensare che il 4 luglio del 1964 tra i “punti” nativi della corrente c’era l’obiettivo di avere uffici inquirenti caratterizzati dall’orizzontalità delle decisioni. Tra i fondatori di Md c’era Edmondo Bruti Liberati che nella sua carriera ha fatto soprattutto il massimo dirigente dell’Anm prima di diventare capo della procura di Milano. E da capo della procura di Milano sfilò le inchieste su Expo al suo aggiunto Alfredo Robledo supportato fino in fondo dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che intervenne per dire che con la riforma dei poteri dei capi degli uffici giudiziari il problema della guerra interna era risolto in nuce e punto.

Del resto era stato lo stesso Bruti ad ammettere di aver detto a Robledo: «Se nella seduta in cui ti nominarono aggiunto io avessi invitato uno della mia corrente ad andare a fare la pipì al momento del voto tu non saresti stato nominato a vantaggio della tua collega che poi avremo sbattuto alle esecuzioni». La nuova orizzontalità delle procure riformata dalla Md del terzo millennio.