Il rinnovamento dell’associazionismo giudiziario è affidato, dunque, allo schema “Palamara”, quello dell’uomo solo al comando. Sono state le toghe di sinistra di Magistratura democratica, alla vigilia della prima riunione del nuovo Comitato direttivo centrale dell’Anm, in programma la prossima settimana, a rispolverare il modello del presidente unico, propugnato dell’ex zar delle nomine fin dal lontano 2008, anno della sua indimenticata presidenza.

In un lungo comunicato pubblicato ieri, dopo aver ribadito la necessità di difendere l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e ricostruire la credibilità della funzione giurisdizionale e della sua legittimazione democratica, l’esecutivo di Md chiede ai neo eletti «se non si debba riflettere a fondo sulla soluzione di una rigida e predeterminata rotazione annuale delle cariche». Nell’ultimo quadriennio, 2016-2020, l’Anm aveva deciso di dar il via alla rotazione dei vertici. Quattro presidenti e quattro segretari generali, uno per ogni anno, in modo che tutte le correnti avessero il loro momento di gloria al vertice dell’Anm.

Il primo anno la presidenza venne assegnata a Piercamillo Davigo, fondatore di Automomia&indipendenza. Terminato il mandato l’ex pm di Mani pulite decise di uscire dalla giunta unitaria perché aveva scoperto che al Csm gli incarichi venivano dati secondo logiche correntizie e non secondo il merito. «L’esperienza dell’ultimo quadriennio ci ha dimostrato che questa prassi, anziché rinforzare la logica dell’unità ed essere funzionale – come sempre è stata – alla piena assunzione di responsabilità, può invece sclerotizzarsi ed essere utile a ricondurre l’immagine dell’associazione al patrimonio del gruppo che di volta in volta ne esprime il vertice», precisano al riguardo i magistrati di sinistra. «In tal modo – puntualizzano – non si favorisce la partecipazione e quel necessario sforzo di sintesi che, attraverso il dibattito interno, deve essere alla base di un confronto coerente con la politica, in una fase strategica di riforma dell’ordinamento giudiziario e del processo penale». Fra le righe, dunque, c’è una ricandidatura del pm milanese Luca Poniz, presidente uscente ed esponente di spicco proprio di Magistratura democratica.

Lo schema “Palamara” sarebbe comunque apprezzato anche dai centristi di Unicost, la sua ex corrente, ormai depurata degli ultimi fedelissimi. Secondo fonti del Riformista, la nuova squadra sarebbe già pronta. Presidente, come detto, Poniz, segretario generale il giudice del Tribunale di Napoli Alessandra Maddalena, anche per rispetto alle quote di genere, in quota Unicost. Ruolo importante dovrebbe avere anche il giudice romano Aldo Morgigni, ex componente del Csm, davighiano della prima ora. Ancora in castigo Magistratura indipendente, la corrente di destra. Non completamente disintossicata dalle influenze “nefaste” di Cosimo Ferri, fuori ruolo da quasi dieci anni, ma dagli oppositori ritenuto comunque l’indiscusso leader ombra della corrente.

All’opposizione, senza sconti, Articolo 101, il gruppo formatosi di recente, dopo l’esplosione del Palamaragate, il cui core business è la lotta agli effetti perversi del correntismo e della lottizzazione delle nomine al Csm. Improbabile un loro coinvolgimento in una giunta con chi si oppone da sempre, come Md, al sorteggio per i componenti del Csm e alla rotazione degli incarichi direttivi. Se dovesse passare lo schema “Palamara”, con un presidente unico per quattro anni, è auspicabile, allora anche un ritorno in grande stile del suo ideatore. Sarebbe un gesto di grande rispetto nei confronti di chi ha avuto per primo questa intuizione.

L’ultima parola, sul ritorno di Palamara, spetterà alle Sezioni unite della Cassazione. Piazza Cavour dovrà esprimersi a breve, infatti, sul ricorso contro la sentenza che ne ha disposto la radiazione dalla magistratura. Nel frattempo, per non annoiarsi, Palamara è entrato a far parte della Commissione sulla riforma della giustizia del Partito Radicale.