La vicenda è semplice semplice. Succede questo: un gruppetto di Pm fiorentini si convince che spetta alla magistratura stabilire come e dove e quanto possano organizzarsi le associazioni politico-culturali, i movimenti, le correnti, i partiti. E di conseguenza decide che spetta a loro magistrati stabilire cosa sia partito e cosa no.

Perché? Perché in questa stagione dominata da grillini e Pm i partiti sono considerati più o meno organizzazioni a delinquere, da tenere d’occhio ben bene. Dunque, corpi di reato. In particolare, ai partiti è vietato maneggiare soldi perché si è scoperto che se i partiti maneggiano soldi rischiano di diventare troppo potenti. Partiti potenti uguale democrazia più robusta. E questo è da evitare.

In democrazia i Pm e le lobby finiscono per contare poco. Così questo gruppetto di magistrati si getta sulla fondazione Open, che fa capo a Matteo Renzi, e l’accusa di essere un partito (cioè, più o meno, di essere illegale). E dunque di avere ricevuto finanziamenti, del tutto palesi e legittimi, ma illegali in quanto finanziamenti a un partito e non a una fondazione. Renzi protesta e critica i Pm.

E questo è il suo errore: se attacchi un Pm, amico caro, sappi che la paghi. Per fargliela pagare serve un giornalista. Anzi un giornale. Trovato: La Verità. La quale pubblica in modo clamoroso la notizia che nella carte dell’inchiesta ci sono degli appunti di un avvocato il quale – forse – ritiene che Renzi abbia detto che Maria Elena Boschi è una “troia”. Non è così, ma conta poco. C’è un appuntino confuso – di questo avvocato – nel quale le parole “Boschi” e “Troia” sono vicine. Basta.

I fascisti, 80 anni fa, invece di fare queste cose venivano a casa tua e ti bastonavano. Poi ti facevano ingoiare l’olio di ricino. Per fortuna ora è proibito fare così. Chiedo a tanti miei colleghi per bene: è giornalismo questo? No. E noi possiamo farci niente? No. Perché? Perché un Pm ha diritto di scrivere in un’ordinanza quello che gli pare e piace, e di allegare all’ordinanza tutto ciò che vuole, anche se non c’entra niente con l’inchiesta, e poi anche, magari, di segnalarlo ai giornalisti. Non sempre le mascalzonate sono proibite.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.