“Gnoti Seauton” è una massima dell’antica Grecia. Si traduce così: “conosci te stesso”. Era una scritta posta all’ingresso del tempio di Apollo a Delfi, molti e molti secoli fa. Socrate ne fece il fulcro della sua filosofia. Socrate sosteneva che per arrivare alla verità vera, prima dovevi scoprire la verità su te stesso. “Gnoti Seauton”, deve aver pensato il procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo, quando ha deciso di affidare a uno dei suoi sostituti più prestigiosi, Mario Palazzi, le indagini che riguardano un esposto presentato dall’imputato Alfredo Romeo, il quale contesta la correttezza del processo Consip che si sta svolgendo a suo carico. Romeo avanza il sospetto che l’accusa non si sia comportata correttamente. In questo momento l’accusa è rappresentata proprio dal Pm Palazzi. E Ielo, ricevuto il dossier-esposto di Romeo, lo ha assegnato proprio a Palazzi. Gli ha detto: “Dottore, indaghi su se stesso, mi raccomando, scrupolosamente…”.

Palazzi ha annunciato l’altro giorno, durante l’udienza del processo a Romeo, di avere ricevuto questo incarico da Ielo. Di fronte allo sbigottimento dell’imputato e della difesa, ha replicato: “Non potete mettere in discussione la mia terzietà”. Terzietà? Perché ci sia terzietà bisognerebbe essere minimo minimo in tre. Se ci sono solo l’imputato e l’accusa non si capisce come si possa essere terzi. In realtà l’esposto di Romeo riguarda soprattutto alcuni fatti, veramente inquietanti, che si sono svolti a Napoli, e non a Roma. E di conseguenza riguarda essenzialmente la Procura di Napoli, non Palazzi. Resta il fatto, però, che il processo, avviato da Napoli su fondamenta che Romeo ha denunciato come scorrette e probabilmente illegali, ora è in corso a Roma e lo conduce, come Pm, Palazzi. E dunque tutte le conseguenze dell’eventuale accoglimento dell’esposto farebbero saltare l’impianto accusatorio di Palazzi, interamente basato sulle indagini compiute a Napoli (tra qualche riga proviamo a spiegare perché). Come si può pensare che sia proprio il rappresentante dell’accusa a indagare sulla legittimità dell’accusa? È come se durante una partita di calcio un attaccante protesta perché è stato falciato in area da un difensore, e l’arbitro chiede al difensore di accertare se il suo era fallo o era invece un intervento regolare.

Dunque, breve riassunto. Stiamo parlando naturalmente del processo Consip (di uno dei processi Consip) e cioè dell’inchiesta su alcune gare d’appalto che si sono svolte attorno al 2016. Alfredo Romeo – un imprenditore napoletano che è anche editore di questo giornale – è a giudizio perché accusato di avere corrotto un funzionario Consip, che in realtà non aveva nessun potere sulle gare d’appalto, per essere da lui favorito nelle gare d’appalto. Le gare d’appalto in questione – Romeo ne aveva vinte tre – si sono poi ripetute nei giorni scorsi con commissioni giudicanti nuove e controllatissime. Romeo ne ha vinte non tre, ma otto su otto. Contro Romeo non c’è nessuna prova e nessun indizio, non è stata trovata neppure una lira o un euro pagati da Romeo, ci sono intercettazioni dei colloqui tra dirigenti Consip che si invitavano reciprocamente a escludere Romeo dagli appalti, l’unico elemento di accusa è l’atto di autoaccusa di questo funzionario (ininfluente) della Consip, un certo Gasparri, il quale sostiene di avere ricevuto dei soldi da Romeo. Quanti? Non si sa, forse 100mila, forse 20mila. Quando? Non si sa, sebbene Romeo fosse intercettato in quei mesi 24 ore su 24, non risulta nessun episodio che possa far pensare a un pagamento. Dove son finiti i soldi? Non si sa neanche questo.

Bene, l’accusa anziché archiviare ha deciso di andare avanti. Nel frattempo, sempre sul caso Consip, è andato avanti un secondo procedimento giudiziario, che riguarda anche Romeo, insieme a una quindicina di coimputati di lusso, tra i quali Lotti, Verdini e papà Renzi. Il Pm è lo stesso. Questo secondo processo per comodità lo chiameremo Consip 2. Veniamo all’esposto. Ne prendo solo una parte minima. La difesa di Romeo ha scoperto recentemente, sulla base di un attento ascolto di intercettazioni che per anni sono rimaste segrete, che l’atto di autoaccusa di Gasparri tutto sembra fuorché un atto spontaneo. Le intercettazioni lasciano capire che Gasparri discusse delle accuse da rivolgere a Romeo molto prima del giorno in cui decise di pronunciarsi ufficialmente. E che dunque alla sua deposizione manca l’elemento della spontaneità che è una caratteristica richiesta dalla legge. Per dirne solo una, la Procura di Napoli dispose una perquisizione a sorpresa a casa di Gasparri, e la perquisizione fu annunciata dallo stesso Gasparri e dal carabiniere Scafarto (che poi l’ eseguì) alla moglie di Gasparri con la frase: “Lei faccia quello che deve fare e noi tra una mezz’ora siamo lì”. Esistono in giurisprudenza perquisizioni concordate?

Qualche giorno prima c’era stata una perquisizione anche alla sede della Romeo gestioni. Sempre a Napoli. 50 agenti della Finanza in assetto antisommossa. Sede circondata. Perquisizione durata dodici ore. Dipendenti fatti spogliare. Risultato? Zero. Non fu trovato niente. La perquisizione a casa Gasparri fu seguita in remoto (come si dice adesso) dal Pm, Woodcock, e mentre si svolgeva la perquisizione nell’ufficio di Woodcock c’era l’avvocato di Gasparri, il quale per telefono tranquillizzava il suo assistito. Poi fu fissato l’interrogatorio di Gasparri per il 16 dicembre del 2016 (la perquisizione avvenne il 7 dicembre), e lì, lui, “spontaneamente”, accusò Romeo. Spontaneamente? Beh, talvolta ai Pm piace scherzare. Da tutte le intercettazioni risulta che gli inquirenti già il 7 dicembre conoscevano le future accuse di Gasparri. Sarà banale citare Kafka, ma in letteratura è la citazione più adeguata.

Ma c’è qualcosa di più. Tutto questo materiale, che demolisce l’attendibilità di Gasparri, (circa 20mila intercettazioni) faceva parte di un gigantesco pacchetto di intercettazioni che era a disposizione dei Pm del processo che abbiamo chiamato Consip 2 (cioè quello nel quale Romeo è coimputato con Lotti, Verdini, eccetera). Non era a disposizione del Consip 1, nel quale Romeo è imputato unico. I Pm qualche anno fa chiesero l’archiviazione del Consip 2, e se l’archiviazione fosse stata accettata sarebbero sparite anche tutte queste intercettazioni. In realtà i difensori di Romeo al Consip 1 avevano chiesto molte volte di poterle ascoltare, ma il Pm (ripeto, sempre lo stesso nei due processi) respinse tutte le richieste sostenendo che quelle intercettazioni (intercettazioni di Gasparri, cioè dell’unico teste di accusa contro Romeo) non erano interessanti ai fini del processo e che le richieste della difesa erano solo espediente dilatorio.

Se la proposta del Pm al processo Consip 2, cioè l’archiviazione, fosse stata accettata, addio. Il Gip però l’ha respinta e i Pm hanno dovuto chiedere il rinvio a giudizio e a quel punto depositare le intercettazioni che – seppur con enorme ritardo – la difesa ha potuto – con sgomento – finalmente esaminare. E su questa base ha presentato l’esposto. Ricevendo la rassicurante risposta: l’esposto contro l’accusa sarà esaminato con cura dall’accusa…

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.