Le rivelazioni dell'ex zar delle nomine
Palamara senza freni: “Giovanni Salvi mi invitò a pranzo, voleva fare il Procuratore generale…”
«Giovanni Salvi mi offrì un bel pranzo con lo scopo di “autosponsorizzarsi” per l’incarico di procuratore generale della Cassazione». Lo ha detto ieri Luca Palamara, ormai senza più freni, davanti al gup di Perugia Piercarlo Frabotta. Durante l’ultimo giorno dedicato alle deposizione spontanee, l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati ha prodotto anche la chat con l’allora procuratore generale di Roma.
«È il mese di giugno del 2017 e Salvi, pg a Roma, capisce che è giunto il momento di attivarsi se vuole aspirare a diventare il procuratore generale della Cassazione», esordisce Palamara che in quell’anno era il potente presidente della Commissione per gli incarichi direttivi del Csm. Il posto di pg a piazza Cavour è un incarico, ovviamente ambitissimo, e gli aspiranti iniziano a muoversi con almeno sei mesi di anticipo. Salvi, allora, decide di organizzare un “pranzo preparatorio” sulla terrazza del Martis Palace, un lussuoso hotel nel centro di Roma alla presenza anche del vice presidente del Csm Giovanni Legnini. Il Martis Palace è uno dei più belli alberghi di Roma e d’Italia, almeno leggendo le recensioni. «Fiore all’occhiello – si legge sul sito dell’hotel – è uno splendido Roof Bar con una vista a 360° su tutti i monumenti e siti archeologici del centro storico romano: una vista che spazia dall’Altare della Patria al Pantheon e dal Gianicolo a Piazza Navona. In questa cornice mozzafiato è possibile rilassarsi con stuzzicanti aperitivi e dissetanti cocktail, o organizzare indimenticabili eventi esclusivi».
Il prestigioso invito, però, non riscuote successo. Non per la qualità delle pietanze ma perché Palamara per l’incarico di pg in Cassazione ha già pensato a Riccardo Fuzio, all’insaputa di Legnini che puntava su Salvi. Il 14 dicembre è il giorno del voto alla Commissione incarichi direttivi del Consiglio superiore della magistratura. La sera prima Palamara poteva contare solo suo voto e su quello di Luca Forteleoni, togato di Magistratura indipendente, la corrente di destra delle toghe. La mattina del voto, come i pesci del lago di Tiberiade, i voti raddoppiano. Per Fuzio vota il laico di Forza Italia Pierantonio Zanettin e, soprattutto il togato Aldo Morgigni, davighiano della prima ora. Come ha fatto Palamara a convincere Morgigni? Con il solito gioco delle correnti. «Gli ho promesso che sistemavo in Cassazione un uomo di Autonomia&indipendenza, la corrente di Davigo”, ricorda Palamara. Il “baratto” va in porto e per Fuzio è fatta. Salvi verrà votato solo dal togato progressista Antonello Ardituro. Il laico Renato Balduzzi si asterrà.
Le sorprese non sono finite. La sera del voto Palamara si precipita «dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone» per aggiornarlo. Pignatone, racconta Palamara, in quel momento era vicino a Fuzio e non era in buoni rapporti con Salvi, di fatto il suo “superiore”. Il motivo? Sempre nomine. Non ci si sbaglia. Salvi, ricorda Palamara «quando era consigliere del Csm lo aveva bocciato per diventare procuratore di Palermo preferendogli Francesco Messineo». Fuzio nel 2019 sarà poi costretto alle dimissioni e Salvi prenderà allora il suo posto. Fra i primi atti del neo pg della Cassazione l’anno successivo, la nota circolare che esclude la punibilità disciplinare per i magistrati che si “autosponsorizzano” per avere un incarico con i consiglieri del Csm. Terminati gli interrogatori, oggi è prevista la decisione di Frabotta sul rinvio a giudizio o meno di Palamara.
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La rettifica
Nel numero del Riformista del 23.07.2021 abbiamo scritto che al pranzo presso un albergo nel centro della Capitale, organizzato e pagato dall’allora procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma Giovanni Salvi al fine di “auto sponsorizzarsi” per l’incarico di pg in Cassazione, era presente, oltre a Luca Palamara, anche il vice presidente del Csm Giovanni Legnini, che aveva a cuore tale nomina. Ci siamo sbagliati. Palamara era da solo. Palamara comunicò a Legnini in un secondo momento, quando si trovava a Chieti per attività istituzionali, di aver escluso la candidatura di Salvi, preferendogli, come poi avvenne, quella di Riccardo Fuzio.
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