Raffica di querele per Luca Palamara, lo “zar delle nomine”, l’uomo del terremoto nella magistratura, l’ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm) ed ex membro del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) rimosso dall’ordine per il caso sulle nomine pilotate ai vertici delle Procure. Questa volta, per tre ore di interrogatorio, è stato ascoltato dai pm di Padova che stanno indagando sulle querele arrivate nei suoi confronti da magistrati citati in Il Sistema, il libro intervista di Alessandro Sallusti, ex direttore de quotidiano Il Giornale e attuale direttore di Libero, a Palamara. Un vero e proprio caso editoriale. Alla settimana scorsa erano oltre 300mila le copie vendute.

Diversi magistrati si sono però sentiti diffamati dalle rivelazioni di Palamara. Si tratta di Paolo Ielo, Procuratore Aggiunto di Roma; Piergiorgio Morosini, ex gip del processo Stato-mafia e giudice del Csm; Giuseppe Cascini, membro togato del Csm ed esponente di punta della corrente di sinistra; Antonio e Ferdinando Esposito, padre e figlio, il primo ex presidente di sezione della Cassazione in pensione e il secondo ex pm di Milano ed ex giudice di Torino, radiato lo scorso anno dalla magistratura. Il Procuratore di Padova – l’inchiesta è stata assegnata lì perché il libro, edito da Rizzoli, è stato stampato in una tipografia della provincia veneta – Antonio Cappelleri ha assegnato i fascicoli ai suoi Sostituti, Valeria Spinosa, Marco Peraro e Andrea Zito.

Il Procuratore Aggiunto di Roma Ielo si è sentito diffamato dal racconto di una cena organizzata nel 2014 a casa sua, alla quale era presente anche l’allora Procuratore Capo di Roma Giuseppe Pignatone. Cena probabilmente per siglare, a quanto raccontato da Palamara, un patto e creare “un canale tra la procura di Roma e il Csm: in buona sostanza io mi farò carico di essere, dentro il Consiglio superiore, la sponda delle istanze di Pignatone…”.

La querela di Antonio Esposito fa invece riferimento alla sentenza della Cassazione che nel 2013 condannò in via definitiva l’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a quattro anni, di cui tre indultati, per frode fiscale. Il caso ruota intorno ad Amedeo Franco e alle sue “preoccupazioni per il modo anomalo in cui si era formato il collegio giudicante sia per le pressioni che si si stavano concentrando affinché l’esito fosse di un certo tipo, in altre parole di condanna”. L’azione di Ferdinando Esposito si riferisce invece a rivelazioni con frequentazioni con “un’indagata, Nicole Minetti” e “per un certo periodo, proprio quello antecedente la sentenza di suo padre, di Arcore, il quartier generale di Berlusconi, il quale con la procura di Milano qualche conto aperto lo aveva”.

Aperte tre diverse inchieste, indagini penali. “Considerato che su queste vicende ci sono molti riflettori puntati, ho deciso di optare per la casualità dell’assegnazione dei fascicoli. A mano a mano che arrivano vengono così smistati sulla base del turno automatico, in modo da non concentrare tutto su un unico magistrato e preservare le indagini da strumentalizzazioni esterne”, ha spiegato al Corriere della Sera Cappelleri. Le querele degli Esposito fanno parte dello stesso fascicolo. Le altre sono fascicoli autonomi. È già polemica sulla vicenda: molti si chiedono a quali correnti appartengono i pm che stanno indagando.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.