Ma non è che Sebastiano Ardita, e di riflesso Nino Di Matteo, sono finiti nel mirino per le loro idee sul Consiglio superiore della magistratura? Il sospetto inquietante è stato avanzato l’altro giorno da Nicola Saracino, un magistrato appartenente ad Articolo 101, il gruppo “anticorrenti” che si batte da anni proprio per la riforma del Csm tramite il sorteggio dei suoi componenti. Articolo 101, che ha quattro eletti nell’Associazione nazionale magistrati, dopo lo scoppio del Palamaragate chiese al capo dello Stato, senza successo, l’immediato scioglimento del Csm.

Recentemente ha chiesto al procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, titolare dell’azione disciplinare nei confronti delle toghe, di ritirare la circolare con cui “assolveva” tutti coloro che si erano auto promossi per un incarico con l’ex zar delle nomine Luca Palamara. Ardita, intervenendo all’ultima puntata della trasmissione Non è l’Arena condotta da Massimo Giletti, ha esordito dicendo che la diffusione dei verbali dell’avvocato Piero Amara relativi all’esistenza della loggia segreta ‘Ungheria’, di cui avrebbe fatto parte, era un tentativo per “condizionare” l’operato del Csm. Di Matteo, anch’egli intervenuto sul punto la settimana prima, aveva affermato le stesse cose. E quindi che quanto accaduto fosse di una “gravità inaudita”, parlando di un sospetto condizionamento per danneggiare l’azione dell’organo di autogoverno delle toghe.

Di Matteo e Ardita, si è scoperto, hanno avuto percorsi simili. Entrambi siciliani, hanno studiato dai preti: il primo dai gesuiti, il secondo dai salesiani. I due hanno poi svolto, dopo essersi laureati, il servizio militare come ufficiali di complemento. Uno nella guardia di finanza, l’altro nell’Arma dei carabinieri. Entrati in magistratura con lo stesso concorso, hanno sempre ricoperto funzioni requirenti. «Non abbiamo una funzione di potere», ha detto Ardita, sottolineando come Di Matteo sia l’unico suo “riferimento” all’interno del Csm. Non è astrusa «l’ipotesi che sia stata proprio la ‘massoneria’, intesa come centro di potere, ad aver concepito prima e diffuso poi, in un segreto illiberale, l’infamante accusa contro Ardita», ha quindi affermato Saracino.

Chi ha ordito, allora, il complotto? Ardita ha affermato di far fatica ad immaginare che la segretaria di Piercamillo Davigo, Marcella Contraffatto, possa aver posto in essere il piano criminoso, spedendo alle redazioni dei giornali, affinché li pubblicassero, i verbali di Amara in cui compariva appunto il suo nome. Esiste uno gruppo di potere che vuole impedire il cambiamento e sta condizionando anche le scelte del ministro della Giustizia Marta Cartabia? Impedendo che si discuta del sorteggio, l’unica riforma che toglierebbe il potere alle correnti della magistratura? Sarebbe urgente, a questo punto, che si andasse fino in fondo, come detto dai due togati, per capire chi avvelena i pozzi e rende l’aria irrespirabile al Csm, utilizzando l’avvocato Amara per far fuori le toghe non gradite.