È ancora da provare e da indagare a fondo il caso della loggia Ungheria ma è già un terremoto per la magistratura. La fuga di notizie, i dissidi all’interno e tra le Procure, le comunicazioni informali e i passaggi dei verbali ai quotidiani. A scoperchiare quello che è stato definito come un sistema di potere occulto tra magistratura, imprenditoria e politica gli interrogatori di Piero Amara, avvocato siciliano di 51 anni, arrestato nel 2018, indagato per i depistaggi dell’inchiesta Eni e per corruzione di giudici, condannato a 2 anni e 8 mesi dopo un patteggiamento. Amara ha detto di farne parte da oltre tre lustri, di questa lobby.

A quanto ricostruisce il quotidiano Domani la loggia ha radici in Sicilia con rami che si intrecciano al cosiddetto “Sistema Siracusa”, un gruppo di faccendieri, imprenditori e giudici del quale faceva parte lo stesso Amara, smantellato dalle inchieste della Procura di Messina. I vertici del gruppo vengono definiti “i vecchi”. Chi viene affiliato è stato “fatto” o “sverginato”. L’obiettivo? Piazzare i sodali nelle stanze dei bottoni e nei palazzi del potere. Non si risponderebbe a un’obbedienza gerarchica ma a un sentimento di solidarietà. Ci si rende disponibili insomma.

La loggia à detta Ungheria perché si riuniva a Roma in piazza Ungheria, nell’abitazione di un importante magistrato. E ci si riconosce con dei codici e dei comportamenti in codice. “Sei mai stato in Ungheria?”, l’adagio di riconoscimento. Se il sodale non risponde alla domanda è un affiliato. Altro segno di riconoscimento: premere tre volte l’indice sul polso stringendo la mano. Amara dice di essere entrato frequentando l’Osservatorio Permanente della Criminalità Organizzata, Ocpo. A introdurlo Giovanni Tinebra, ex procuratore di Caltanissetta e capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (Dap) e vicepresidente della corrente Magistratura Indipendente, di sinistra. Tinebra non può confermare né smentire perché è morto nel 2017.

L’affiliazione per contrastare il “giustizialismo dilagante della magistratura italiana” e “fondamentalmente a pilotare le nomine del Consiglio Superiore della Magistratura e delle Procure più importanti”. Amara ai magistrati ha raccontato anche cenacoli, incontri segreti, codici di comportamento. Una quarantina le persone nella lista, nascosta all’estero, con giudici, giudici istituzionali e capi delle forze dell’ordine. La Guardia di Finanza ha perquisito la casa di Amara. Le dichiarazioni sono per gli investigatori in molte parti fumose.

La Verità scrive che il primo dei nove di cui si parla si è tenuto il 6 dicembre 2019, con il procuratore aggiunto Laura Pedio e al sostituto Paolo Storari. Quest’ultimo avrebbe quindi portato i verbali all’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo – per replicare all’attendismo del Procuratore Capo di Milano Francesco Greco – che avrebbe a sua volta informalmente informato il vice-presidente del Csm David Ermini e il Procuratore Generale della Cassazione Giovanni Salvi. L’ex segretaria dell’ex leader di Autonomia&Indipendenza Marcella Contrafatto è indagata per aver inviato copie dei verbali secretati ai quotidiani Il Fatto Quotidiano e La Repubblica.

La Verità riporta quindi alcuni nomi, emersi dagli interrogatori all’avvocato siciliano, di questa loggia. Tutti i personaggi citati dalla testimonianza hanno seccamente smentito dopo essere stati contattati dal quotidiano diretto da Maurizio Belpietro. Smentiscono l’ex ministra e Presidente dell’Eni Emma Marcegaglia, il giornalista Luigi Bisignani, l’ex vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Michele Vietti, l’avvocato ed ex ministra Paola Severino tra gli altri.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.