La lunga intervista della Ministra Cartabia da parte del direttore de La Stampa, Massimo Giannini, conferma l’atteggiamento di mediazione attiva che il Governo intende tenere sulla riforma della Giustizia, auspicando il ritrovamento di un rinnovato spirito di unità nazionale, oggi necessaria per soddisfare le condizioni poste dall’Unione europea per la concessione del credito del Recovery Plan, essenziale per il rilancio dell’economia.

La convergenza auspicata tende alla elaborazione di una “mappa di principi in cui tutti possano riconoscersi”: principi che non possono non essere quelli costituzionali, nel cui ambito e nel cui reciproco contemperamento deve coagularsi la mediazione tra istituzioni e partiti, tenendo conto dei “dati di realtà… Principi costituzionali e dati di fatto sono le coordinate da non perdere mai di vista” al fine di pervenire allo scopo: “una giustizia rapida e di qualità”.
Se si tiene presente lo stato di profonda crisi in cui si trova l’amministrazione della giustizia in Italia per la lentezza dei processi civili e penali, per l’imprevedibilità delle decisioni, per le connessioni tra politica e magistratura, per l’autorefenzialità dei magistrati, per la mancanza di procedure effettive che ne sanciscano la responsabilità, per le degenerazioni delle correnti e per la conseguente perdita di legittimazione dei magistrati di fronte all’opinione pubblica, il richiamo a principi e valori comuni sanciti dalla Carta costituzionale esprime una volontà, se effettivamente attuata, di forte cambiamento.

Essa sembra però arrestarsi di fronte alla questione cruciale che condiziona tutto il resto: la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm), organizzato in correnti che ne condizionano tutte le decisioni: di assegnazione delle sedi, di attribuzione degli incarichi direttivi, sulla responsabilità disciplinare, ecc. La Ministra Cartabia ritiene che le correnti non si possano e non si debbano eliminare in quanto «espressione di un pluralismo culturale che c’è nella nostra magistratura»; non considera però, in difformità dal metodo delineato, che i dati giuridici devono essere sempre correlati con i “dati di realtà”, che nella specie attestano invece inequivocabilmente che gli orientamenti culturali delle correnti sono spariti da decenni, sostituiti dalla tutela degli interessi di carriera; limita infine l’intervento sul Csm alla definizione di nuove norme sull’elezione dei suoi componenti togati, nella speranza che siano sufficienti a renderlo impermeabile ai condizionamenti delle correnti, e sulla assegnazione degli incarichi direttivi.

L’indirizzo della Ministra sulla Magistratura e sul Csm è quindi allo stato riduttivo, perché non affronta il problema principale: la trasformazione della Magistratura da Potere diffuso a Potere organizzato, che con le inchieste è capace di condizionare la politica, la carriera dei magistrati e con essa la loro autonomia e indipendenza. La sua prudenza tuttavia è pienamente giustificata dalla situazione politica, economico- finanziaria e sociale del Paese. Compito essenziale e preminente del Governo è quello non soltanto di presentare all’Unione europea il programma di riforme e di interventi economici del Recovery Plan, ma anche di realizzarli rapidamente e senza intralci. Incidere sulla struttura organizzativa della Magistratura (l’Associazione nazionale magistrati e le sue correnti interne), vero e proprio Potere politico costituzionalmente non legittimato, implica l’assunzione di un rischio che il Paese non può correre. L’esperienza di Berlusconi, e non solo, sta a dimostrarlo.

Il problema sussiste ed è molto serio, ma affrontarlo è compito delle forze politiche presenti in Parlamento, in cui si sta avviando la procedura per la approvazione di una legge per la istituzione di una commissione d’inchiesta sulle disfunzioni della magistratura. Il suo testo finale, che presumibilmente sarà diverso da quello depositato dai relativi proponenti, dovrebbe accertare le degenerazioni del sistema giudiziario italiano per renderlo finalmente rapido, efficace e pienamente conforme ai principi costituzionali. Ciò non implica necessariamente che il Governo, e quindi la Ministra Cartabia, debbano rimanere estranei e passivi di fronte a questa iniziativa legislativa; anzi, un intervento di mediazione tra gli opposti interessi potrà risultare al momento opportuno non solo auspicabile, ma addirittura necessario per evitare possibili ma negativi contraccolpi sul piano istituzionale.