Qualcuno sa che fine abbia fatto l’ormai celebre esposto presentato dall’ex pm romano Stefano Rocco Fava al Consiglio superiore della magistratura oltre due anni fa? La circostanza è tornata d’attualità proprio in questi giorni. Nelle prossime settimane, infatti, il gup di Perugia dovrà decidere se rinviare o meno a giudizio Fava, ora giudice a Latina, per aver posto in essere una azione denigratoria nei confronti dell’allora procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e dell’aggiunto Paolo Ielo.

Alla base di questa azione il contenuto di quell’esposto, poi riportato anche da alcuni giornali, circa delle mancate astensioni di Pignatone e Ielo in alcuni procedimenti. Fava, all’epoca in forza al dipartimento reati contro la pubblica amministrazione di piazzale Clodio, stava svolgendo delle indagini nei confronti dell’avvocato Piero Amara, noto alle cronache, dopo aver ideato il “Sistema Siracusa”, per aver svelato l’esistenza della loggia super segreta “Ungheria” e recentemente riarrestato dalla Procura di Potenza. Amara, arrestato la prima volta agli inizi di febbraio del 2018 in una operazione congiunta delle Procure di Messina e Roma, era tornato dopo poco in libertà e aveva iniziato a collaborare con i magistrati. Fava, però, non aveva creduto al pentimento di Amara e aveva chiesto che fosse nuovamente arrestato per una ipotesi di bancarotta. I vertici della Procura di Roma furono contrari e gli tolsero il fascicolo. Il pm, allora, decise di raccontare tutto al Csm.

Per i pm di Perugia, invece, Fava sarebbe stato “istigato” da Luca Palamara a orchestrare una campagna mediatica contro Ielo e Pignatone. Da qui anche l’accusa di essersi, per redigere l’esposto, “abusivamente introdotto nel sistema informatico Sicp e nel Tiap acquisendo verbali d’udienza e della sentenza di un procedimento”. Un episodio che secondo i pm umbri sarebbe avvenuto “per ragioni estranee rispetto a quelle per le quali la facoltà di accesso era attribuita”. Con Fava è indagato anche l’ex procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio accusato di avere riferito a Palamara “l’arrivo al Comitato di presidenza del Csm dell’esposto e di avergli comunicato le iniziative che il Comitato intendeva intraprendere per verificare la fondatezza dei fatti indicati nell’esposto”.

Il Riformista ha cercato di riavvolgere il nastro degli eventi. L’esposto arrivò al Comitato di Presidenza del Csm il 2 aprile 2019 e venne così rubricato: “Pratica n. 139/RE/2019. Esposto del dott. Stefano Rocco Fava, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, concernente una missiva a lui indirizzata dal dott. Giuseppe PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale, circa la mancata astensione di quest’ultimo nei procedimenti riguardanti Piero AMARA e Ezio BIGOTTI”. Secondo quanto dichiarato a novembre del 2020 dal togato Sebastiano Ardita ai pm di Perugia che hanno svolto gli accertamenti, questo esposto sarebbe rimasto presso il Comitato di Presidenza “fino al 7 maggio”. Il Comitato di Presidenza è composto dal vice presidente del Csm, dal primo presidente e dal procuratore generale presso la Corte di Cassazione.

La delibera di trasmissione alla prima Commissione, competente su “rapporti, esposti, ricorsi e doglianze concernenti magistrati”, è del successivo 17 aprile. Quindi ci sarebbero voluti circa 20 giorni per fargli raggiungere la Prima commissione dal Comitato di Presidenza, fra loro distanti un paio di rampe di scale. Sempre Ardita ha raccontato che l’esposto arrivò con attività istruttoria già fatta da parte del procuratore generale di Roma. L’istruttoria compiuta dal Comitato di Presidenza rappresentava “un unicum” per Ardita che è stato anche presidente della Prima commissione. Perché procrastinare l’invio dell’esposto alla Prima commissione? L’8 maggio era stato l’ultimo giorno di servizio di Pignatone. Comunque, arrivato in Prima commissione i componenti discussero su cosa fare. Molti erano concordi per ascoltare Fava. Il presidente Alessio Lanzi, laico in quota Forza Italia, non era contrario, di diverso avviso la togata di Area Alessandra Dal Moro. Ardita, sempre ai pm, disse che era una operazione trasparenza, necessaria, sentire Fava. Passano i mesi e non succede nulla.

Alla vigilia di Natale dello scorso anno il Comitato di Presidenza dirama un comunicato per assicurare il corretto svolgimento delle pratiche a Palazzo dei Marescialli. Il comunicato riprendeva quasi alla lettera le dichiarazioni rilasciate dal segretario generale Paola Piraccini a Perugia sentita sulle procedure circa la corretta gestione dell’esposto. Da allora, più nulla. È cambiata la composizione del Comitato di Presidenza e quella della Prima commissione. L’esposto, però, è sempre “pendente” e Fava non è stato mai convocato. Come mai? Possibile che dopo due anni nessuno abbia la curiosità di sapere cosa sia successo alla Procura di Roma in quei giorni?