Pietro Amara, l’avvocato siciliano al centro del caso della presunta loggia Ungheria, è stato arrestato e tradotto in carcere questa mattina dalla Guardia di Finanza nell’ambito di una inchiesta sull’ex Ilva di Taranto, coordinata dalla Procura della Repubblica di Potenza.

Nell’ambito della stessa indagine è coinvolto anche l’ex procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo, già arrestato un anno fa per concussione e oggi destinatario di un provvedimento di obbligo di dimora.

L’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Amara nasce dal suo ruolo di consulente legale dell’acciaieria di Taranto quando era in amministrazione straordinario: in tale veste, secondo la procura lucana, avrebbe avuto rapporti illeciti con Capristo. In particolare, secondo quanto riscostruito dagli investigatori, Capristo quando era procuratore di Trani si autoassegnava in co-delega con i sostituti Antonio Savasta e Alessandro Pesce procedimenti penali che scaturivano “da esposti anonimi” sull’Eni “redatti dallo stesso Amara” e “consegnati” direttamente allo stesso Capristo, nonostante la “palese strumentalità”. Negli esposti veniva “prospettata la fantasiosa esistenza di un inesistente progetto” che “mirava a destabilizzare i vertici dell’Eni e in particolare a determinare la sostituzione dell’amministratore delegato Claudio Descalzi.

Amara si sarebbe reso responsabili anche di una “incessante attività di raccomandazione, persuasione, sollecitazione” condotta dall’avvocato “sui membri del Csm per favorire la nomina di Carlo Maria Capristo a capo della procura di Taranto”. In cambio Capristo avrebbe commesso una serie di irregolarità per “accreditare presso l’Eni Amara quale legale intraneo agli ambienti giudiziari tranesi in grado d’interloquire direttamente con i vertici della procura”.

Nell’inchiesta che vede coinvolto Amara è finito agli arresti domiciliari  l’avvocato tranese Giacomo Ragno, già condannato anche nel processo sul cosiddetto ‘Sistema Trani’ che svelò atti di corruzione degli ex magistrati Michele Nardi e Antonio Savasta, così come il poliziotto Filippo Paradiso, che avrebbe fatto da tramite tra lo stesso Amara e l’ex procuratore Capristo. Ai domiciliari anche Nicola Nicoletti, che è stato consulente dei commissari dell’ex Ilva dal 2015 al 2018. Altre cinque persone sono indagate ma senza misure cautelari a loro carico: tra questi, figura Michele Nardi, magistrato all’epoca presso l’ispettorato generale del ministero.

Le ipotesi di reato contestate a vario titolo sono abuso d’ufficio, favoreggiamento, corruzione in atti giudiziari, corruzione nell’esercizio delle funzioni, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, concussione.

Nei confronti dell’avvocato Ragno è stata sequestrata la somma di 278mila euro, pari all’importo delle parcelle professionali pagate da Ilva in amministrazione straordinaria in suo favore. Le somme sono state ritenute provento del delitto di corruzione in atti giudiziari e del delitto di concussione per 5mila euro.

Amara nelle scorse settimane era diventato un caso politico-giudiziario per le sue rivelazioni sulla loggia Ungheria ai magistrati milanesi, che indagavano sul “falso complotto Eni”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia