Dal 2023 in poi
Professioni tecniche: una ripresa fragile tra redditi in aumento e giovani esclusi

“Prima siamo noi a dare forma agli edifici, poi sono questi a dare forma a noi”. Lo disse Winston Churchill nel 1943, presentando alla Camera dei Comuni il piano per ricostruire l’aula distrutta dai bombardamenti. Oggi quella frase vale anche per chi quegli edifici li progetta: architetti, ingegneri, liberi professionisti che, nel plasmare città e territori, si trovano a loro volta trasformati da crisi eco-nomiche, innovazioni tecnologiche e cambiamenti sociali. Il loro ruolo, centrale nel dopoguerra degasperiano, adesso è oggetto di una riflessione urgente.
Nel decennio in cui l’occupazione dipendente è cresciuta a livello europeo, il lavo-ro autonomo ha rallentato, ma le libere professioni hanno fatto eccezione: tra il 2009 e il 2019 sono cresciute del +24,9% e, nonostante la pandemia, hanno con-tinuato a espandersi. Tuttavia, l’Italia – storicamente patria di professionisti e corpi intermedi – ha conosciuto un trend opposto: tra il 2019 e il 2022 ha perso oltre 54.000 liberi professionisti, con una flessione del -4,5%. Solo nel 2023 si è registrato un timido recupero, pari a +10.000 unità. Ma il sorpasso è avvenuto: i Paesi Bassi hanno ora una densità più alta di professionisti per occupati rispetto all’Italia.
Lo stato di salute delle professioni tecniche è al centro della ricerca della Fonda-zione De Gasperi, con il sostegno di Fondazione Inarcassa. Una figura, quella del-lo statista trentino, che ha avuto un impatto decisivo anche sul piano culturale e istituzionale. De Gasperi non fu un riformista nel senso ideologico del termine, ma un autentico riformatore: seppe introdurre nella cornice repubblicana il con-cetto di comunità, ispirato alla dottrina sociale della Chiesa, e lo tradusse in scel-te politiche concrete, capaci di strutturare un sistema ordinistico moderno. Il suo pragmatismo – più che le teorie – guidò la ricostruzione del Paese anche attraverso il rafforzamento dei corpi intermedi. Un’eredità che oggi interroga ancora.
I dati più aggiornati indicano segnali contrastanti. Da un lato, la redditività è in netta ripresa: nel 2023, il reddito medio dei professionisti iscritti alle casse priva-te ha toccato i 44.213 euro (+6,2% su base annua), e tra ingegneri e architetti ha superato i 49.000 euro, con una crescita del +13,8%. Dall’altro, persistono forti disuguaglianze di genere e divari territoriali: le professioniste under 35 guadagna-no fino alla metà dei colleghi maschi, e il Sud resta penalizzato. Il nodo più critico è però anagrafico. Oggi un libero professionista su due ha più di 48 anni, uno su quattro ha superato i 57. E cresce il numero di pensionati che continuano a eser-citare: da 42mila nel 2005 a quasi 119mila nel 2025. Un fattore che, da un lato, sostiene la tenuta previdenziale delle casse, ma dall’altro chiude gli spazi ai gio-vani. Il ricambio generazionale è debole e i giovani professionisti si scontrano con barriere d’ingresso elevate, carichi fiscali importanti e incertezza di reddito. La trasformazione in atto è anche organizzativa: crescono le Società di ingegneria (+5,2% nel 2024) e le Stp, che ammettono anche soci non professionisti. Si assot-tigliano invece le forme più tradizionali, segno che il mercato sta premiando l’aggregazione e l’approccio multidisciplinare.
Due le direttrici che possono ridefinire il futuro delle professioni: innovazione e sostenibilità. L’adozione del BIM – Building Information Modeling – e dell’intelligenza artificiale è vista come un’opportunità, soprattutto per migliorare qualità e gestione progettuale. Ma restano aperte le questioni etiche, la responsa-bilità umana, la trasparenza degli algoritmi. Sul fronte ambientale, efficienza energetica, rigenerazione urbana e gestione del rischio idrogeologico richiedono nuove competenze, ma anche una riforma della governance degli appalti e della cultura della prevenzione, oggi carente. La fotografia è chiara: le professioni tecniche hanno ancora molto da offrire al Paese, ma servono politiche coraggiose. Più sostegno ai giovani, più investimenti in formazione e più riconoscimento del ruolo pubblico e sociale dei professionisti. Solo così, da motore marginale, torneranno a essere pilastro della crescita.
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