Terzo giorno consecutivo di proteste coordinate e organizzare in Myanmar contro il golpe che dal primo febbraio ha rovesciato il governo dell’ex leader Aung San Suu Kyi, imprigionata dai militari. La tensione continua a salire e la tv di Stato ha lanciato un avvertimento su possibili “azioni” che l’esercito potrebbe intraprendere contro quelle che sono state definite “minacce alla sicurezza pubblica”.

“Occorre agire secondo la legge con misure efficaci contro i reati che disturbano, impediscono e distruggono la stabilità dello Stato, la sicurezza pubblica e lo stato di diritto”, si legge in un comunicato letto nel canale Mrtv. Stamattina la polizia ha iniziato ad usare i cannoni ad acqua contro le persone scese in piazza nella capitale Naypyidaw, e ci sono stati anche alcuni feriti. Fino ad ora i golpisti si erano rifiutati di intervenire con la forza, ma la popolazione ha risposto massiccia agli appelli della ex leader, che ha sempre chiesto al Paese di “resistere”, rendendo “necessario” l’uso degli idranti. Sono migliaia i manifestanti, che hanno anche iniziato a vestirsi di rosso come il colore del partito della leader destituita, la Lega nazionale per la democrazia. A loro si sono uniti i lavoratori che hanno risposto all’appello allo sciopero generale. Alle 10 ora locale (le 4:30 in Italia) più di mille persone hanno manifestato a Yangon (ex Rangoon), la capitale economica del Paese, mentre a Tangû, 300 chilometri a nord, molti residenti hanno sfilato su due ruote in un concerto di clacson.

Si stima che le manifestazioni di domenica siano state le più grandi in Myanmar dal 2007, dalla cosiddetta “rivoluzione zafferano” che vide come ispiratori monaci buddhisti non violenti che chiedevano all’allora giunta dittatoriale un’apertura democratica e il rispetto dei diritti umani. La partecipazione massiccia è stata possibile anche grazie allo “sblocco” di internet, dopo che nei primi giorni post-golpe i militari avevano oscurato i social per impedire ai manifestanti di coordinarsi.

Intanto continuano gli arresti: dopo San Suu Kyi e il suo braccio destro Win Htein, è stato ammanettato anche Sean Tutnell, consigliere economico australiano della leader birmana. “Sono in stato di fermo al momento, e forse incriminato di qualcosa, non so cosa potrebbe essere“, ha riferito alla Bbc, precisando di essere confinato nel suo hotel. “Tutti sono stati molto gentili – ha aggiunto –ma ovviamente non sono libero di muovermi”.

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Napoletano, Giornalista praticante, nato nel ’95. Ha collaborato con Fanpage e Avvenire. Laureato in lingue, parla molto bene in inglese e molto male in tedesco. Un master in giornalismo alla Lumsa di Roma. Ex arbitro di calcio. Ossessionato dall'ordine. Appassionato in ordine sparso di politica, Lego, arte, calcio e Simpson.