Quindici piccoli consigli di lettura per le settimane di vacanze, ovunque ci si trovi: e si comincia con quattro romanzi italiani. Il primo è un bellissimo esordio, quindi fa particolarmente piacere segnalarlo: si tratta di “La mia ultima storia per te” di Sofia Assante (Mondadori), che è centrato sulla struggentissima storia d’amore tra Andrea, figlio di un ristoratore romano, ed Elettra, la più piccola della facoltosa famiglia Alfieri. Due mondi, un’unica tempesta sentimentale fin da adolescenti. «Elettra rise. Era splendida. Notai che aveva una piccola fessura tra i denti, sul lato destro del sorriso, e mi affrettai ad abbassare gli occhi pensando fosse brutto fissargliela. Ma lei sorrise ancora più forte, come a dire: guardala, non c’è nulla di male. Allora mi misi un dito in bocca, tirai in basso il labbro inferiore e le feci vedere che anche io avevo un buchetto fra i denti. Non so come mi venne in mente, ma forse diventammo amici per questo. Lei allungò la mano verso di me. “Elettra”. “Andrea”». Non è bellissimo? Ma “La mia ultima storia per te” non è solo una storia d’amore, è molto di più. Con la sua scrittura raffinata, Assante ci conduce nei labirinti più reconditi dei sentimenti: e la bellezza del romanzo, che ha qualcosa di piperniano, è nella cornice, nei paesaggi, nei quadri che l’autrice dipinge. Fino al dramma, romanzescamente inevitabile. È un esordio davvero brillante.

Seconda opera italiana, il romanzo di Antonio Pascale, “Cose umane” (Einaudi), un’immersione del Narratore, che ovviamente ha molto dello stesso Pascale, nel suo passato, dentro una giovinezza consumata nella sua Caserta in mezzo a una variopinta compagnia di amici, di chiacchiere, anche di tragedie. A tratti duro, persino angoscioso nella ricerca di un futuro che non si riesce a indovinare; tuttavia il romanzo di Pascale è di grande umanità, con un tono spesso autoironico e uno sguardo a volo d’angelo su questi decenni italiani.

Uno dei romanzi italiani più belli di quest’anno e di cui si è parlato poco è “La finestra sul porto” di Claudio Piersanti (Feltrinelli), incantevole piccola storia d’amore tra un lui e una lei in età matura sullo sfondo di una misteriosa città di mare. Detta così sembra fragile: ma la scrittura finissima di Piersanti, un autore che dovrebbe essere letto di più, riempie di belle sensazioni. Infine, è da segnalare “Primmammore” di Titti Marrone (Feltrinelli), potente romanzo sulla Napoli post-terremoto del 1980, scenario inquietante di una terribile storia di violenze sui bambini nella quale però emergono sensibilità umane e sociali, per il riscatto della città.

Ecco due libri Adelphi usciti adesso. Il primo è di Vladimir Nabokov che – oltre ad essere stato uno dei grandissimi scrittori del Novecento – fu anche un meraviglioso critico letterario. Adelphi pubblica queste “Lezioni sul Don Chisciotte” che l’autore di “Lolita” tenne ad Harvard nel 1952, ed è una lettura piacevolissima di discorsi affabulatori sull’opera di Cervantes e non solo: Nabokov traccia parallelismi con altri grandi romanzi e tragedie, da Shakespeare a Dickens a Tolstoj. Il lettore del “Don Chisciotte” qui troverà praticamente tutto ciò che può illuminare il gran romanzo spagnolo, compresi giudizi critici che vanno però ben soppesati alla luce della genialità di Nabokov (e dunque facendo qualche tara): «”Don Chisciotte” è stato definito il più grande romanzo mai scritto. Il che è evidentemente una fesseria. A dirla tutta, non rientra nemmeno nella cerchia dei più grandi, ma il suo personaggio, un gigante macilento su un gracile ronzino, il colpo di genio di Cervantes, spicca così magnificamente sulla linea dell’orizzonte letterario che il libro vive e continuerà a vivere grazie alla vitalità iniettata dall’autore al protagonista di questo racconto sconnesso e raffazzonato, che si salva dallo sfaldarsi solo grazie alla straordinaria intuizione artistica del suo creatore di far entrare Don Chisciotte in azione nei momenti giusti della storia». Ancora Adelphi pubblica un nuovo Simenon, sempre all’altezza della sua magnifica arte: in questo “La morte di Auguste” (traduzione di Laura Frausin Guarino) si stagliano le figure dei figli del defunto padre, Auguste appunto, nella terribile ambiguità legata ai misteri dello scomparso e, naturalmente, dell’eredità. Il denaro, come in Balzac, è infatti una delle chiavi fondamentali dell’opera di Simenon. Tutto si svolge nel bistrot del figlio più grande, vicino a quello che un tempo era il mercato di Les Halles, il zoliano “ventre di Parigi”. Più simenoniano di così non si può: un piccolo capolavoro.

Per la raffinata casa editrice Medhelan, ecco un romanzone del filosofo e scrittore tedesco Ernst Jünger, “La fionda” (traduzione di Alessandra Iadicicco): qui siamo dalle parti di Mann e del Musil dei “Tormenti del giovane Törless”, primi anni del Novecento, l’adolescenza e l’ingresso nel mondo adulto del protagonista. Per chi ama la letteratura classica europea è ottimo. Tra i francesi segnaliamo il drammatico, bellissimo “Madelaine prima dell’alba” di Sandrine Collette (e/o, traduzione di Alberto Bracci Testasecca), un breve romanzo ambientato in una durissima campagna francese dove si lotta per sopravvivere: la piccola Madelaine saprà trovare il suo modo per farcela. Per restare in Europa, stavolta nella misteriosa Romania, ecco “Una vita romena” di Cristian Mungiu (La Nave di Teseo, traduzione di Anita Bernacchia), che ha anche vinto anni fa la Palma d’Oro a Cannes. Qui il romanziere parla della nonna, dunque delle sue origini in una terra che sembra quella di secoli fa, ed è una rievocazione commovente.

In America, ora. Ottimo questo romanzo di Andrew Porter, “La vita immaginata” (Feltrinelli, traduzione di Ada Arduini), dove si racconta l’angosciosa ricerca del padre da parte del protagonista, Steven Mills, un uomo alla deriva. Professore universitario in piena crisi personale, ha visto sgretolarsi ogni certezza: la moglie lo ha lasciato, il rapporto con il figlio si è dissolto, e il lavoro al Writing Center dell’Università di San Francisco è ormai solo un ricordo. Si svolge nella California degli anni Ottanta, qualcuno ha sentito un’eco di Bret Easton Ellis e c’è chi ha parlato di uno stile alla Robert Yates, l’autore di “Revolutionary Road”. Bellissimo. Sta avendo grande successo la nuova edizione adelphiana del celebre romanzo di Philip Roth, “Il lamento di Portnoy”, ribattezzato nella traduzione di Matteo Codignola semplicemente “Portnoy“, che è il protagonista di questa lunga seduta psicanalitica nella quale affiora tutta l’inquietudine dell’America degli anni Sessanta, un periodo duro, contraddittorio, di scontri esistenziali. Sempre America, ma molto prima: ecco un romanzo pochissimo noto che esce per Lindau, “I figli della primavera“, di Wallace Thurman (traduzione di Davide Platzer Ferrero), figura centrale dell’”Harlem Renaissance”, il movimento artistico e culturale afroamericano che fiorì negli anni Venti negli Stati Uniti ed ebbe il suo centro propulsore nel quartiere di Harlem, a New York. Un’esplosione di creatività nella letteratura, nell’arte visiva, nella musica e nel teatro che celebrò la cultura afroamericana. È tutta una storia di musica, alcool e illusioni perdute durante la mitica “età del jazz”, ma con più disperazione.

Di Iran si parla moltissimo in questo periodo, purtroppo nella chiave geopolitica dei conflitti mediorientali. Invece si può “vedere” quel grande Paese con gli occhi di Ebrahim, il protagonista dell’”Enciclopedia dei sogni” di Mohammad Tolouei (Bompiani, traduzione di Giacomo Longhi Alberti), che insieme alla madre compie un lungo viaggio da Teheran fino alle spiagge del Golfo Persico per capire sé stesso nel groviglio di incubi che stringe la sua mente. È un romanzo vivace, pieno di momenti belli. È uscito da un bel po’ ma si riparla di “Legami” di Eshkol Nevo (Gramma Feltrinelli, traduzione di Raffaella Scardi), grande romanziere israeliano, perché Nanni Moretti ne farà un film (di Nevo il regista romano aveva già rielaborato “Tre piani”). Moretti ha dichiarato che si tratta di un libro che, «senza parlare dell’attualità, riesce a raccontare i nostri sentimenti di oggi, le nostre paure, le difficoltà nelle relazioni e le nostre speranze». Sono racconti molto belli, in particolare quelli su giovani coppie, ispirati e sospesi negli enigmi della vita. Infine, un romanzo qualunque del premio Nobel per la letteratura, la coreana Han Kang. Un consiglio? “Non dico addio“. Buona lettura.