La viareggina Deborah Bergamini, vicesegretaria di Forza Italia e responsabile Esteri degli azzurri, potrebbe essere la candidata del centrodestra per tentare una impresa storica: la conquista della Regione Toscana.

Scende in campo con la sua candidatura alle prossime regionali in Toscana. Una occasione per provare a cambiare segno a una regione storicamente monocolore?
«L’obiettivo non è un avvicendamento tra schieramenti, ma è molto più ambizioso: sciogliere il grumo di potere ideologico della sinistra che da decenni soffoca la mia regione e la chiude in un recinto ipocrita, e liberare così risorse, competenze, investimenti. Mettere le forze vive della società toscana, che sono tante, in grado di agire e crescere per il bene di tutti».

La sua capolistatura nel collegio di Lucca può diventare qualcos’altro? Potrebbe correre come Presidente?
«Forza Italia per quel ruolo ha espresso due nomi: la sottoscritta e il Consigliere Marco Stella. Le altre forze del centrodestra hanno avanzato le loro figure. La coalizione deciderà, le opzioni non mancano e questo è segno di ricchezza. Ma la mia candidatura da capolista è un tema a sé: riguarda l’amore che ho per la mia terra, per i miei concittadini e la volontà di mettere in campo le proposte che Forza Italia ha formulato in questi anni in un lavoro di squadra, ascoltando categorie, associazioni, singoli elettori. Vogliamo trasformarle in un percorso di governo regionale e mi spendo in prima persona per farlo. Dobbiamo saper scendere tutti in campo se vogliamo cambiare davvero le cose».

Si vota dopo l’estate, a ottobre, si riuscirà ad avere certezza sulle candidature dei governatori prima dell’estate?
«Mi auguro di sì. Il tavolo del centrodestra lavora su sei regioni, non c’è solo la Toscana. Ma considerando la portata della campagna elettorale, mi aspetto che si decida in tempi brevi».

Come si propone l’azione riformatrice del centrodestra sull’amministrazione toscana?
«C’è un tema fiscale che riteniamo prioritario, con l’abbassamento dell’addizionale regionale Irpef. Poi vogliamo snellire la macchina pubblica, foriera di spese e sprechi: rimuovere la logica di stipendifici creati sulle spalle dei cittadini soltanto per mantenere il potere. Giani e la sinistra credono ancora di stare nel ‘900, noi aggiorneremo il calendario».

Silvio Berlusconi moriva quasi due anni fa, il 12 giugno 2023. Si sente la sua mancanza?
«Sì, ed è enorme perché abbraccia tre piani: umano, politico e culturale. Questo ci chiama a una grande responsabilità: affermare il berlusconismo come categoria autentica della politica, fondamento del centrodestra ma non rivendicabile al di fuori di Forza Italia».

Forza Italia in quest’anno ha recuperato punti, è seconda nella coalizione stando ai sondaggi. Merito del posizionamento, del lascito di Berlusconi, della leadership di Tajani, di cui lei è vicesegretaria nazionale?
«Silvio Berlusconi è stato un leader straordinario ma anche un grande sentimento collettivo, avvertito fortemente ancora oggi. Con Antonio Tajani e tutta la squadra abbiamo rafforzato quella cultura di governo, ereditata dal Presidente Berlusconi, che ci vede proiettati sulle cose da fare, poco inclini alle esasperazioni e alle rigidità che oggi contraddistinguono il dibattito politico. È una strada difficile, ma i risultati ci sono e saranno sorprendenti anche alle prossime elezioni politiche».

Nell’attività parlamentare si moltiplicano le sfide inedite. Autonomia energetica, cybersicurezza, ingerenze internazionali, difesa comune europea… non è che l’insorgere di continue emergenze sta rallentando il percorso delle grandi riforme?
«I nostri obiettivi non cambiano, ma fronteggiare le continue deviazioni dell’agenda per via delle grandi crisi internazionali è una necessità per tutta la politica, non solo italiana. Che si lega alla sfida di confrontarsi con le opinioni pubbliche con rispetto e verità, senza dogmatismi. Questa è un’esigenza che avvertiamo, per esempio, sul tema della difesa europea».

Nello specifico, l’iter di riforma della giustizia segue il cronoprogramma che vi eravate dati?
«Certamente, la riforma ha già avuto una lettura parlamentare e non dobbiamo rinunciare a questo grande obiettivo. La separazione delle carriere era il grande sogno di Silvio Berlusconi a salvaguardia della libertà e delle garanzie sancite dalla Costituzione».

Trump ci ha abituati ad annunci presto smentiti, a minacce subito smontate. Che giudizio ne dà?
«Utilizzo un’espressione anglosassone: Trump ‘non è esattamente la nostra tazza di tè’. Ha saputo conquistare un elettorato trasversale, dai tycoon ai dimenticati della globalizzazione, ma i problemi epocali che abbiamo non si risolvono con sfide all’Ok Corral. Tutto questo, però non toglie un grammo all’amicizia che abbiamo e continueremo ad avere con l’Amministrazione degli Stati Uniti. Dobbiamo tenere aperto e forte il dialogo fra noi, la buona politica estera si fa con l’arma della persuasione».

Si elegge il nuovo Papa. Cosa ci lascia Francesco e cosa auspica dal suo successore?
«Francesco ci lascia un grande monito all’attenzione verso gli ultimi. Dal suo successore, e lo dico con il massimo rispetto, auspico la centralità del tema della libertà, a partire dai cristiani perseguitati nel mondo. E poi una rilettura, in chiave contemporanea, di quel che scrisse Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus. Anche il popolo del fare, dell’impresa, può essere popolo di Dio, purché agisca per promuovere la dignità umana».

Capitolo Germania. Forza Italia ha sempre rivendicato che il cancellierato a Friederich Merz avrebbe segnato una fase di relazioni migliori tra i nostri due Paesi. Però Merz come prima iniziativa ha scelto di andare a Parigi, e non a Roma. Come leggerla?
«Confermo: Merz alla guida del governo tedesco è una precondizione di migliori relazioni italo-tedesche. Il fulcro di questo sarà la collaborazione che Forza Italia e Cdu-Csu svolgono da anni nel PPE su molti temi. La prima visita a Parigi? Ho il sospetto che ci sia stata una richiesta dei socialdemocratici cui Merz, nella logica di grosse koalition, ha acconsentito. La sinistra tedesca evidentemente ha verso il governo italiano di centrodestra qualche ritrosia ideologica».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.