A causa di quell’inchiesta, quattro anni fa, Maurizio Lupi si dimise da ministro tra gli strali delle opposizioni. Anche se non era indagato. E a o poco o nulla serve oggi, scoprire che l’indagine stralcio sulle Grandi Opere che lo aveva lambito tra mille titoloni è stata archiviata a Firenze, senza le scuse di nessuno. In primis quelle di Di Battista, che gli urlò in commissione: «Questi sono i suoi ultimi giorni!». «Mi dimisi il 15 marzo 2015 – è l’amaro sfogo che ha affidato ieri a social Maurizio Lupi – pur non essendo mai stato indagato, per le polemiche suscitate da quell’inchiesta e per gli attacchi alla mia famiglia. Oggi, a distanza di 4 anni, continuano le archiviazioni». «Ero certo, come lo sono adesso – ha proseguito il deputato di Noi con l’Italia – della correttezza del lavoro dei miei collaboratori al ministero e non ho mai contestato la legittimità delle indagini ma sempre il processo mediatico che ne è seguito e la sua strumentalizzazione politica. Non rimpiango di essermi dimesso perché con quel gesto volevo testimoniare la mia concezione di politica e di governo. Mi domando solo: chi ripagherà dei giorni terribili passati dalle persone coinvolte, le carriere rovinate, la sofferenza dei familiari?». «Maurizio Lupi – ha scritto su Facebook Matteo Renzi – era il ministro delle Infrastrutture nel mio Governo. I giornali pubblicarono sue intercettazioni e in molti gridarono allo scandalo. Lupi era totalmente estraneo alla vicenda ma decise di dimettersi lo stesso anche per assicurare tranquillità alla sua famiglia che venne gettata nel tritacarne mediatico. Dissi pubblicamente che ero fiero di aver lavorato con Lupi, che gli esprimevo la mia vicinanza e che il tempo gli avrebbe reso giustizia. Oggi scopriamo che l’indagine nella quale Lupi venne intercettato, indagine aperta allora dalla procura di Firenze, finisce con l’archiviazione». «Non troverete questa notizia – ha continuato il leader di Italia Viva – in evidenza nei gazzettini del giustizialismo italiano, nei talk show, sui social, no. Tutti fingono di aver dimenticato l’onda di piena dell’odio sui social, le sentenze su Twitter, le aggressioni verbali. Tutti oggi fischiettano facendo finta di nulla davanti all’ennesimo scandalo che scandalo non era. A distanza di quattro anni rinnovo a Maurizio la mia stima e la mia amicizia. E spero che questa vicenda aiuti tutti a riscoprire il senso della parola garantismo». «Ricevette insulti, lui e la sua famiglia furono esposti al pubblico ludibrio: titoloni e attacchi scomposti. Oggi veniamo a sapere che quell’inchiesta è stata archiviata. In tanti gli dovrebbero delle scuse, che non arriveranno», chiosa amara Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera.

Redazione

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