Dopo mesi senza lavorare la situazione per Marco, fotografo napoletano di 35 anni, era finalmente un pochino migliorata anche se con un grosso compromesso: lasciare la propria professione e diventare rider per il delivery dei ristoranti. Una scelta non facile ma che almeno gli permetteva di tirare avanti. A settembre Marco ha comprato una bici elettrica con gli ultimi risparmi che aveva per poter lavorare come rider. Ma nel pomeriggio quella bici acquistata con tanta fatica solo per poter lavorare è stata rubata. Come spesso accade nessuno ha visto niente. Resta la rabbia di Marco che voleva rimettersi in carreggiata e sono bastati pochi minuti per portargli via anche l’ultima speranza di ricominciare finalmente. Ultima solo in ordine cronologico perchè Marco non ha intenzione di arrendersi.

“A settembre avevo comprato la bici elettrica spendendo gli ultimi risparmi che avevo – racconta Marco – Era bellissima e in tanti mi chiedevano informazioni. La pandemia ha interrotto il mio lavoro di fotografo e ho dovuto reinventarmi come rider. Non è stato facile trovare lavoro nemmeno lì perchè è sempre richiesta la dotazione di un motorino e io invece avevo la bici. Ma costa meno, non bisogna pagare l’assicurazione, è comoda e in più non inquina nemmeno. Questa settimana avevo trovato finalmente un ingaggio come rider e anche uno per sabato sera in una pizzeria al Vomero.

“Ieri sono tornato a pranzo a ora di pranzo – continua il racconto Marco – Ho parcheggiato come sempre la bici sotto la finestra di casa mia in un parco privato su Via Girolamo Santacroce e dopo nemmeno 10 minuti la bici non c’era più. Sparita nel nulla e non è nemmeno possibile rintracciarla perchè al contrario dei motorini ha solo un numeretto di riconoscimento. Qualcuno deve avermi seguito o conosceva i miei spostamenti. Quella bici ormai è finita in un buco nero e può passare di mano in mano senza mai essere rintracciata”.

La cosa che più fa rabbia a Marco è non solo quello di aver perso la possibilità di lavorare, ma anche quella che questa volta non c’era nessuna telecamera a filmare l’accaduto, come è successo a Gianni Lanciato, l’altro rider vittima di un’aggressione a cui seguì il furto del motorino. “Mi fa rabbia perchè nella zona in cui vivo, via Girolamo Santacroce, da anni siamo vittime di continui furti e rapine. Gli abitanti lanciano l’allarme ma rimane sempre inascoltato: non ci sono telecamere e nemmeno pattuglie che girano. Per me è inammissibile che ci siamo abituati a questa situazione, non può essere normale essere derubati. E non può essere la norma che per avere giustizia devi trovare un video”.

E poi c’è un’altra strana normalità: “Mi vengono i brividi solo a raccontarla – dice in preda alla rabbia – possibile mai che a Napoli se ti derubano prima devi passare per un giro di telefonate a gente losca che potrebbe recuperarti la bici e dietro pagamento restituirtela? Possibile che il ‘cavallo di ritorno’ sia una modalità conclamata? È uno schifo. Io amo questa città ma non possiamo accettare questa ‘normalità'”. Il suo è uno sfogo sentito di un giovane che ama Napoli ma non ne può più di questa mentalità distorta. Non ha voluto comparire con nome e cognome perchè dice: “Questa è la mia storia ma io sono uno come tanti. Quello che è successo a me succede tutti i giorni. Io non sono l’unica vittima. Bisogna risolvere il problema, la mia è una denuncia per tutti. Oggi è successo a me, domani succede ad altri. Dobbiamo dire basta”.

Il furto della bici è successo anche a ora di pranzo, alla luce del giorno. Non chiede nulla Marco, solo scuotere le coscienze di tutti perchè questa non può essere la normalità. Senza la bici Marco non può andare a lavorare e ha dovuto rinunciare al lavoro che a fatica aveva trovato. Sabato andrà a lavorare in pizzeria perchè un amico gli ha prestato il motorino. “Dal giorno non lo so come andrà – dice malinconico – durante la pandemia persone come me possono solo vivere alla giornata, non possiamo fare progetti. Non sono ricco e mi sono rimboccato le maniche, sono una persona onesta. Non c’è lavoro? Sto a casa, non vado a rubare. La pandemia, se da una parte ha acceso un senso di solidarietà nei quartieri, dall’altro ha inasprito la povertà e la situazione in città è peggiorata. Ma non possiamo arrenderci a che le cose vadano così”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.