L’episodio di Gianni Lanciato, il rider malmenato e derubato dello scooter, che nonostante ciò ha continuato a consegnare cibo a domicilio servendosi dell’auto prestatagli da un amico, si è risolto per una volta nel migliore dei modi. Grazie a un video postato sul web e che ha mosso l’indignazione di tutti, all’uomo – un macellaio rimasto tempo fa disoccupato e che si arrangiava per portare a casa di che fare campare la famiglia – è stato proposto un lavoro nel campo in cui si era addestrato e che svolgeva bene in passato; i giovani sono stati individuati e assicurati alla giustizia. Tutto bene quello che finisce bene, dunque? Manco per idea, come Ciriaco Viggiano ha già sottolineato in un equilibrato e pensoso editoriale pubblicato su queste pagine.

Certo, incassiamo il buono: una città che finalmente non è omertosa e volutamente distratta, una porta che si apre con generosità, un male scoperto e per fortuna prontamente avviato a sanzione, ma per il resto domande inevase, risposte che si attendono ancora. I giovani, innanzitutto: per loro, avviati a un futuro da camorristi pure sprovveduti (esistono telefonini e telecamere di sicurezza che riprendono quanto accade, ma lo ignorano), è controproducente auspicare la galera, dove troverebbero piuttosto una laurea nel ramo.

Doverosa, invece, è una rigorosa opera di risocializzazione: scuola, che costoro non hanno alle spalle o avranno percorso difficoltosamente, rieducazione quindi ai valori civili e l’obbligo (controllato) di imparare un mestiere. Il diritto e il processo minorili – sui quali non ho la nota competenza di Clelia Iasevoli, collega del Dipartimento in cui ho insegnato – hanno molto da dire. Mentre questo percorso si compie, però, bisogna impedire il contatto con la famiglia e l’ambiente in cui sono cresciuti. Poi c’è il lavoratore eroico suo malgrado. Una società che permette tale livello di precarizzazione del lavoro non è giusta. Rilevarlo è scoprire l’acqua calda, come lo è notare che la pandemia ha allargato il fossato tra garantiti e non garantiti e che il libero mercato è anche questo: un assetto in cui lavoratori precari e delinquenti di alto bordo o di mezza tacca sono funzionali al mantenimento del (dis)ordine sociale, della ricchezza dei pochi, del consenso a politici imbelli. Ricordiamocelo, ora che si pensa a come uscire dal lungo buio. Di risocializzazione alla solidarietà e al buon vivere abbiamo bisogno tutti, non solo qualcuno.