Sulle violenze del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, il sindaco della città Sala chiama a gran voce l’intervento del governo: “Questa è la prova che quando lasci andare le cose, va a finire così. Abbiamo tenuto il Beccaria per più di dieci anni senza il direttore. Ora, non perché oggi ce l’hai, si azzerano le problematiche. La difficoltà  – precisa -, è anche nelle numero educatrici che sono poche e, io le capisco, hanno difficoltà oggi a starci”, ha detto il primo cittadino a margine della conferenza stampa di presentazione della Beauty Week.

Le rivolte proseguite fino a tarda notte

L’allarme è scattato nel primo pomeriggio di ieri, quando una settantina di detenuti, che si trovano in cortile per l’ora d’aria, si sono rifiutati di rientrare, rimanendo barricati fuori e prendendo il controllo di un’aula dell’istituto. Le ragioni della proteste arrivano da un controllo con cani antidroga nelle celle che ha portato alla scoperta di sostanze stupefacenti, e dalla rabbia per un provvedimento di isolamento imposto a un detenuto che aveva aggredito un agente poche ore prima, ma sullo sfondo c’è la protesta collegata all’inchiesta sulle torture, ancora in corso. Si indaga sulle storie di altri detenuti picchiati, e almeno 15 devono essere ancora sentiti.

Oltre alla Polizia Penitenziaria, arrivano anche gli agenti antisommossa della Questura, che entrano nell’istituto. All’esterno, altre forze dell’ordine formano un cordone di sicurezza. La protesta si infiamma ed emergono racconti di celle distrutte, arredi danneggiati, telecamere rotte e porte divelte. Alla fine la rivolta si placa in un paio d’ore, “senza che nessuno risulti ferito”, fanno sapere dalla struttura. Il sottosegretario alla giustizia Andrea Ostellari precisa a Labitalia che la rivolta sarebbe avvenuta a seguito del trasferimento in sezione isolata di un minore che aveva aggredito un altro detenuto e un agente. “Ciò ha innescato la reazione di altri ristretti, che hanno messo in atto comportamenti oppositivi e danneggiato alcune suppellettili”, aspettando una relazione dettagliata per far luce sui fatti.

Dieci detenuti trasferiti

Ma le proteste sono proseguite fino all’una di notte, con dieci reclusi coinvolti saranno trasferiti altrove e non soltanto per motivi di sicurezza visto che almeno sei celle risultano in questo momento inagibili. Patrizio Gonnella, presidente di Antigone per la tu tela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario, ammette che c’è bisogno di capire “cosa sta accadendo in quell’istituto dove, un mese fa, la metà degli agenti in servizio sono stati indagati per torture e altri reati connessi. Il quadro che esce fuori dalle carte della Procura parla di un clima di violenze e sopraffazione generalizzato”, menzionando di un problema di comprensibile mancanza di fiducia verso l’istituzione, e del bisogno di ripristinare fiducia, fondamentale tra custodi e custoditi. “Parlare di rivolta non aiuta ad andare verso questo dialogo. Ancor meno aiuterebbe se dovesse essere approvato il ddl sicurezza, che per le rivolte, anche non violente, prevede pene sproporzionate”. I sindacati intanto fanno presente che gli agenti penitenziari, al momento sono una settantina a fronte del centinaio ritenuto un numero adeguato. “Pochi – secondo Sala – per affrontare una situazione così delicata dopo che l’inchiesta della Procura di Milano ha portato all’arresto di tredici di loro”.

Redazione

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