Julio Velasco alla guida della nazionale femminile è qualcosa più di una suggestione. Per risollevare l’ambiente dopo le delusioni del recente passato, infatti, la Federazione sta pensando a una svolta radicale in quella che è stata fin qui la guida tecnica della formazione azzurra. Il rapporto con l’attuale tecnico Davide Mazzanti è ormai arrivato ai minimi termini, con una separazione dai più data pressoché per scontata e la sensazione che per ricaricare l’Italia in vista di Parigi ci sia bisogno di un deciso cambio di rotta.
Parlando ai microfoni di Sky Sport, il presidente di Federvolley, Giuseppe Manfredi, ha di fatto dato il benservito all’allenatore di Fano, aprendo le porte alla sua successione senza che – nel mentre – sia stata formalizzata alcuna separazione. Quelli che però fino a poco tempo fa erano stati velocemente derubricati a pettegolezzi si sono invece materializzati dalla viva voce del numero uno del volley italiano, con quella frase (“Julio Velasco è una delle cinque, sei ipotesi che stiamo valutando per la nazionale femminile”) a puntare i riflettori sull’attuale allenatore dell’Uyba Busto Arsizio da una parte e, dall’altra, a dare la spallata decisiva all’odierno tecnico della nazionale. “Capire, fin da subito, come rimettere in carreggiata tutto il sistema” è l’obiettivo della Federazione che – ammettendo come quella in corso sia stata una stagione abbastanza deludente – guarda avanti a quel che verrà e, così facendo, all’esigenza di non tergiversare ulteriormente nei provvedimenti da prendere per raddrizzare la barca prima che affondi del tutto.

In questo contesto, il nome di Velasco non può che far tremare i polsi ai suoi estimatori e, allargando l’obiettivo, a tutti coloro che ne ricordano non soltanto le imprese in campo maschile, ma anche il passaggio – per la verità piuttosto breve – alla testa della selezione femminile. Il quinto posto agli Europei del 1997 in Repubblica Ceca non passò certo alla storia dello sport internazionale; decisamente meglio andò all’intuizione, poi divenuta realtà, di dare vita a una squadra, l’odierno Club Italia, in grado di sviluppare i migliori talenti giovanili sotto l’occhio vigile e attento degli allenatori federali. Il volto dell’allenatore argentino naturalizzato italiano ovviamente resterà sempre legato alla cosiddetta Generazione di fenomeni, un gruppo nel quale i vari Andrea Lucchetta, Andrea Giani, Andrea Giorgi, Andrea Gardini, Luca Cantagalli e Lorenzo Bernardi, tanto per citare i più noti al grande pubblico, portarono la pallavolo italiana ai vertici mondiali vincendo Europei, Mondiali, World League a ripetizione e mancando d’un soffio, ma davvero di un nonnulla, l’appuntamento con l’oro olimpico di Atlanta 1996.

Farsi cullare da questi ricordi è dolce per chiunque li abbia vissuti, pensare alla chiamata di Velasco per risollevare le sorti delle azzurre dopo il quarto posto all’Europeo e, ancor peggio, alla mancata qualificazione olimpica seguita al flop continentale, un toccasana in attesa che il ranking, non il campo, prenoti i biglietti validi per la visita alla Tour Eiffel.
Che tra Europei e qualificazioni olimpiche non ci fosse il tempo materiale per cambiare la guida tecnica è un fatto; che l’attuale sia “stata una stagione abbastanza deludente”, pure. Detto del carico da novanta rappresentato dal nome di Velasco – che peraltro esclude contatti tra le parti – non è dato sapere quali altri tecnici si nascondano tra le “cinque, sei ipotesi” sui cui la Federazione starebbe lavorando. Quel che è certo è che chiunque andrà a sedere sulla panchina azzurra sarà chiamato a ricucire il prima possibile i rapporti interrotti fragorosamente con le numerose giocatrici escluse dal progetto nel corso dell’ultimo anno. L’elenco, in questo senso, è lungo, a partire da quella Paola Egonu uscita dai radar proprio quando, in fondo, ce ne sarebbe stato più bisogno.