Franco Di Mare è morto ieri a 68 anni. Un ricordo dell’ex giornalista e conduttore della Rai arriva dal suo montatore, oltre che amico, ai tempi dei suoi viaggi lavorativi a Sarajevo e in tutti i Balcani, Everardo Bolletta. In un’intervista al Corriere della Sera, il 75enne ha raccontato chi era Di Mare e il suo rapporto con lui.

“Quando l’ho sentito al telefono l’ultima volta mi ha detto: “Sono molto stanco, non ce la faccio più, mi resta mezzo polmone, sento che per me sta arrivando la fine”. Ma io non gli ho creduto[…]. Mi pareva impossibile che morisse così in fretta e invece […] ho perso mio fratello, è uno dei giorni più brutti della mia vita”, dice Bolletta.

Franco Di Mare, il primo incontro

Si conobbero nel 1993, nel cortile di Saxa Rubra. “Mi portò al bar. “Vieni che ti offro un caffé”. Quasi me lo mandò di traverso quando mi chiese a bruciapelo: “Vieni con me a Sarajevo che ci divertiamo, conoscerai un sacco di gente”. Risi. “A’ Frà, ma che dici? Lì c’è la guerra”. Però mi convinse e partimmo con due Lancia Thema blindate del presidente e dell’amministratore delegato, altre in Rai non ce n’erano. Le riportammo crivellate di colpi, al porto di Ancona fummo circondati dalla Finanza, ci presero per dei banditi”, racconta l’ex montatore.

Franco Di Mare, i viaggi di lavoro nei Balcani, gli spari a Sarajevo

Bolletta racconta anche di quando, insieme Di Mare, si fermarono per soccorrere un uomo appena colpito da un cecchino: “Un solo colpo gli aveva maciullato il piede. Lo trascinammo di peso sul sedile posteriore. Se uno dei due avesse rallentato, il killer avrebbe avuto il tempo di ricaricare il fucile e saremmo morti“.

Franco Di Mare era indomito: “Era […] sempre in prima linea. Un pomeriggio stavamo attraversando una trincea […] quando intorno a noi cominciarono a fischiare i proiettili. Io mi buttai a terra, lui restò in piedi, non abbassò nemmeno la testa. Era il più bravo di tutti, e per questo molto invidiato”.

Franco Di Mare, le canzoni napoletane, le donne

L’operatore ricorda poi le serate sempre a Sarajevo, passate nei locali della città: “Spesso la sera andavamo in un locale, La Boheme, dove suonava una bellissima pianista, a lume di candela, perché saltava il generatore. Per arrivarci dovevamo percorrere uno stradone tra i palazzi, attenti a non farci beccare dai cecchini”. “Franco era bravissimo, un dio per come cantava le canzoni napoletane, la sua preferita era Malafemmena” aggiunge Bolletta.

“Lui piaceva da matti alle donne, non mi chieda perché, da uomo non ho mai capito bene che ci trovassero, non so dire se fosse bello. Era affascinante, colto, le mie amiche mi chiedevano sempre di presentarglielo. Ogni tanto mi tirava dentro. “Dai, con questa escici tu””. Poi l’incontro con Giulia: “Mi confidò: “Mi sono innamorato sul serio, è perfetta per me, è la donna della mia vita, ne sono sicuro”. La differenza di età non è mai stata un problema. Gli risposi: “Se sei felice, lo sono anch’io”, ricorda il 75enne. Che conclude: “Io a quell’uomo gli ho voluto un bene pazzo, mi ha cambiato la vita, prima di conoscerlo ero un povero stronzo, trattavo male tutti, Franco mi ha salvato”.

Redazione

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