Alice e Eileen si incontrano a Dublino, dove studiano Lettere, diventano compagne di stanza, vivono insieme, poi le strade si separano. Alice firma un contratto per un primo romanzo, duecentocinquantamila dollari a soli ventiquattro anni, vive un periodo a New York, torna in Irlanda, a vivere sul mare, scrive altri libri di successo. Eileen lavora nella redazione di una rivista letteraria, vive ancora a Dublino. Il loro rapporto non perde di intensità, si scrivono lunghe email sul mondo al collasso, sui profughi, su catastrofi meteorologiche, su Gesù, ma soprattutto sui loro smarrimenti sentimentali, come sintetizza bene Alice: “Io mi trovo a scriverti un’altra mail a proposito di sesso e amicizia. C’è altro per cui valga la pena vivere?”.

Il nuovo romanzo di Sally Rooney si intitola Dove sei, mondo bello (Einaudi, traduzione di Maurizia Balmelli), è il suo terzo libro, proprio come quelli scritti dalla protagonista Alice. Con Parlarne tra amici (2017) e Persone normali (2018) Sally Rooney ha impresso una velocità al romanzo contemporaneo non più reversibile, una spinta simile a quella data da Bret Easton Ellis quando si affacciò nella letteratura americana. All’uscita nel mercato anglosassone, il 7 settembre 2021, le librerie di Londra, per Beautiful world, where are you, aprono alle sette di mattina, la libreria di Piccadilly apre a mezzanotte e un minuto, una fibrillazione editoriale che non si vedeva dai tempi di Harry Potter. Sally Rooney è una scrittrice di culto, un culto con ammiratori planetari in cui non mancano detrattori.

Da Persone normali è stata tratta una serie tv. Al centro delle pagine – i tre libri hanno atmosfere psicologiche talmente simili tra loro da sembrare parti gemellari – sono ancora le relazioni di coppia, qui Alice e Felix, Eileen e Simon, vittime di attrazioni che covano nel silenzio e che irrompono e si raffreddano con altrettanta velocità, e sullo sfondo una società che si sgretola, una bruttezza che corrompe l’aria, l’acqua, la qualità della vita; e mentre le coppie si cercano, litigano, si accusano, si riavvicinano, si spogliano, si punzecchiano, si abbandonano, si innamorano, si ingelosiscono e si perdono, i loro pensieri danzano velocissimi, gli occhi planano sugli schermi sempre accesi, inviano e ricevono messaggi e notifiche: crisi depressive e sobria allegria sono accompagnate da fotografie di un animale domestico postate da qualcuno, da un tweet sponsorizzato che pubblicizza un integratore alimentare per donne incinte. È la scrittrice dei Millennial come tutti dicono? Sì, ma non solo.

Sally Rooney non teme il lirismo (“fece volare la cicca tra l’erba e nella luce morente del cielo orientale la sua faccia era in fiamme”), né di essere banale (“Nella vita tutto è incredibilmente bello, scrisse Eileen in un messaggio a Alice”), e non teme certo di risultare antipatica (“Non si stufano mai di darmi dei premi, eh?”); ma soprattutto non si cura delle mode letterarie, dell’ondata di auto fiction, seppure sia inevitabile sovrapporre Alice alla stessa Rooney. Già per Persone normali, il Guardian notava quanto quel romanzo fosse più vicino a certi libri degli anni Trenta o Ottanta di quanto non lo fosse dei suoi contemporanei (gli scambi di email fanno sempre romanzo epistolare). Di fatto, tutti vorrebbero scrivere come lei, tutti desidererebbero il suo tono decadente e brillante, la sua voce tentatrice capace di sedurre i lettori con frasi rigorose, tutti vorrebbero creare personaggi che si aggirano nelle pagine come magneti rincorrendosi e respingendosi all’infinito. Nessuno però ha accesso alle mappe emotive dei propri protagonisti come lei, consapevole di ogni loro sofferenza, rimpianto, senso di colpa, residuo di felicità.

Senza ricorrere a scene madri, a colpi di scena, a giochi pirotecnici, genera una tensione che costringere a leggere i suoi libri fino all’ultima parola, in attesa di una qualche rivelazione, attesa intessuta di atti mancati, sorrisi schivi, messaggi scritti e cancellati prima di essere inviati, espressioni sui volti passate inosservate: “Alice cercò di catturare il suo sguardo, forse per sorridergli, per segnalargli che aveva apprezzato, ma Felix non la stava guardando”. La lucidità dei personaggi – sebbene si tratti di una lucidità intermittente – li rende spesso spietati, anche verso se stessi, confessa Alice: “In pubblico non faccio che parlare di etica e della cura e del valore della comunità umana, ma nella vita vera non mi accollo l’incombenza di badare a chicchessia all’infuori di me”.

Sally Rooney sta rinnovando il romanzo con eleganza e sfacciataggine, con una intelligenza ammaliatrice, avanzando come un’esploratrice in territori sinistri, ostinandosi a scolpire paragrafi da manuale, dialoghi efficaci e realistici – non si trova paragrafo o frase fuori posto in tutto Dove sei, mondo bello. Sta dando nuova luce alla narrativa irlandese, che rivive qui con nuovi cieli bianchi e argentei, con altro mare verde e argentato, mare dal rumore sommesso e ripetitivo, secondo una tradizione di luce, mare, e cieli, anche recente, che va da John Banville a Colm Tóibín, da Edna O’Brien a Niall Williams.

“Di cosa parlano, i tuoi libri?” Chiede Felix ad Alice. “Oh, non so, disse lei. Delle persone”. Proprio l’interesse maniacale per le persone, per le decisioni impulsive e le richieste di perdono che scandiscono le vite alimenta una letteratura tanto cerebrale quanto priva di vergogna, infestata corpi bisognosi di calore, di carezze, di vodka tonic, di baci, di raggi di sole. Nulla sembra irritare Alice più degli scrittori ridotti ad animali da festival, distanti dalla realtà: “la verità è che della vita ordinaria loro non sanno niente. La maggior parte di loro non alza gli occhi sul mondo reale da decenni”. È molto facile criticare Sally Rooney per alcune sue decisioni ideologiche, come aver negato la traduzione dei suoi libri in ebraico per boicottare Israele, ma la sua scrittura pacata e inquietante imbriglia chi la legge. Il talento, si sa, fa quello che vuole.