Esteri
Scagionata dopo 18 anni di carcere: non ha ucciso i suoi 4 figli, soffrivano tutti di una mutazione genetica

Sembra la scena finale di un film, dove la vittima viene rilasciata grazie a delle prove spuntate alla fine ma questa volta potrebbe trattarsi di realtà. La peggiore serial killer femminile d’Australia, Kathleen Folbigg potrebbe infatti essere innocente. Nel 2003 Folbigg venne condannata a 40 anni di carcere con l’accusa di aver soffocato a distanza di anni i suoi quattro figli: Caleb, Patrick, Sarah e Laura. Tutti e quattro hanno perso la vita prima di compiere due anni tra il 1990 e il 1999. Successivamente alla morte di Sarah, il marito della signora dopo aver letto una delle sue annotazioni sul suo diario l’ha denunciata alla polizia. “Sarah se n’era andata con un po’ di aiuto” è questa una delle tante frasi scritte sul diario personale di Kathleen che le costò la condanna a 40 anni di carcere e l’accusa di essere l’assassina dei suoi figli. La donna però, si è sempre dichiarata innocente ed ha sempre sostenuto la sua verità dichiarando che quando ha scritto “un po’ di aiuto” si riferiva alla sua speranza in Dio.
Dopo ben 18 anni di prigione, Kathleen potrebbe uscire da innocente, grazie ai progressi della ricerca scientifica di questi anni. Infatti, un recente studio che riguarda alcune rare mutazioni genetiche può essere la prova che forse servirà a Folbigg per dimostrare la sua innocenza e che i suoi quattro bambini sono morti per cause naturali. Dunque se da un lato i giudici sono sempre rimasti convinti della colpevolezza della donna, alcuni gli scienziati pensano completamente il contrario.
Il primo figlio Caleb, morì il 20 febbraio 1989 a 19 giorni di età. La sua morte è stata classificata dai medici come sindrome della morte infantile improvvisa o SIDS. Il figlio successivo, Patrick, morì quasi due anni dopo, a 8 mesi e secondo il suo certificato di morte, era cieco, aveva l’epilessia e perse la vita soffocando. La bambina Sarah, morì il 30 agosto 1993, a 10 mesi, e anche la sua morte fu classificata come SIDS in inglese Sudden Infant Death Syndrome. L’ultima figlia della signora Folbigg, Laura, è morta nel marzo 1999 all’età di 18 mesi, con la causa inizialmente elencata come “indeterminata“.
Un’indagine del 2018 si è conclusa con la conferma che le due bambine erano affette da una nuova mutazione del gene CALM2. “Le mutazioni in questo gene sono una delle cause più riconosciute di morte improvvisa nell’infanzia, sia durante il sonno che durante la veglia. Le condanne della signora Folbigg si basavano sulla teoria dell’accusa secondo cui avrebbe soffocato tutti e quattro i bambini. Eppure non ci sono prove mediche che indichino il soffocamento”. La mutazione CALM2 è un gene associato alla sindrome del QT lungo, ovvero allungamento caratteristico dell’intervallo tra le due onde Q e T dell’elettrocardiogramma ovvero è il momento in cui comincia la contrazione dei ventricoli e quello in cui si conclude la ricarica elettrica che avviene dopo ogni battito. Quest’anomalia del ritmo cardiaco può potenzialmente causare battiti cardiaci veloci e caotici aumentando il rischio di palpitazioni, svenimenti e morte improvvisa. La Sindrome del QT lungo rappresenta la prima causa di morte improvvisa sotto i 20 anni ed è causa del circa il 15% delle cosiddette “morti in culla” o SIDS.
A sostenere questa tesi scientifica ci sono 90 esperti che hanno firmato la scorsa settimana una petizione di 14 pagine per la liberazione di Folbigg, tra le firme ci sono anche due premi Nobel, il presidente dell’Australian Academy of Science John Shine, il premio Nobel 2009 Elizabeth Blackburn, e l’ex capo scienziato per l’Australia Emeritus Professor Ian Chubb.
La petizione è stata inviata la scorsa settimana al governatore Margaret Beazley del New South Wales ma secondo quanto riportato da ABC News anche se la signora Folbigg dovesse essere dichiarata innocente, la 53enne dovrebbe comunque fare appello per la sua condanna nei tribunali del New South Wales. L’ex giudice capo della Corte distrettuale del New South Wales Reginald Blanch, che ha presieduto l’inchiesta, può deferire la questione alla Corte d’appello penale se ritiene che vi siano ragionevoli dubbi sulla colpevolezza di Folbigg.
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