Prima giornata di mobilitazione contro Acciaieria d’Italia: dopo una settimana di tensione e la comunicazione dell’azienda della sospensione delle attività – con conseguenze immediate per circa duemila persone – “per sopraggiunte e superiori circostanze” in 145 ditte dell’indotto che svolgono lavori ritenuti non essenziali, ecco la prima giornata di proteste annunciata dalle organizzazioni sindacali e dai metalmeccanici con sciopero in tutti i siti del gruppo. All’esterno dei cancelli delle acciaierie ex ILVA di Taranto si sono riuniti migliaia di operai.

L’indotto dell’ex ILVA comprende tutte le aziende cui vengono affidati lavori non direttamente collegati alla produzione di acciaio, come la manutenzione degli impianti. La società al momento è detenuta al 60% dal gruppo indiano ArcelorMittal. Lo Stato detiene il 38% dell’azienda tramite la controllata del ministero delle Finanze, Invitalia. Il governo dovrebbe stanziare un miliardo di euro nella società tramite il decreto Aiuti Bis. La sospensione dei contratti dell’indotto ha fatto salire ulteriormente la tensione tra l’esecutivo e Acciaierie.

La società lo scorso 17 novembre non si è presentata all’incontro con il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, i sindacati e gli enti locali per fare il punto sulla situazione in cui versa l’ex Ilva proprio alla luce di questa ultima decisione. Neanche l’amministratrice delegata Lucia Morselli, espressione del socio privato ArcelorMittal, né il presidente Franco Bernabè, espressione della pubblica Invitalia, hanno partecipato. Questo comportamento insieme con la sospensione delle ditte dell’indotto ha fatto maturare la decisione di fermarsi per quattro ore. “Il governo non può essere sotto scacco, non siamo ricattabili da parte di alcuno. Questo vale per chiunque si confronti con l’Italia”, ha dichiarato Urso.

Sono almeno 17mila gli operai che lavorano tra dipendenti diretti e lavoratori nell’indotto. L’ex ILVA nel 2021 ha prodotto 4,1 milioni di tonnellate di acciaio e servito 700 clienti in tutto il mondo generando un valore di ordini per 1,2 miliardi di euro. Il passaggio in maggioranza per lo Stato, previsto entro maggio di quest’anno, è stato rinviato al maggio del 2024. Il Presidente Franco Bernabé lo scorso ottobre ha negato qualsiasi arrivo dei 700 milioni di finanziamenti Sace, con garanzie a condizioni agevolate a carico dello Stato.

Il governo ha stanziato allora un miliardo di euro attraverso il decreto Aiuti Bis. L’obiettivo è quello di riequilibrare il rapporto tra soci privati e pubblici, ArcelorMittal e Invitalia. I sindacati spingono invece per far tornare l’azienda nel pieno controllo dello Stato. “È necessario che l’azienda torni nelle mani pubbliche, in una gestione pubblica, e che torni a negoziare e a contrattare con le organizzazioni sindacali il rilancio del lavoro, la tutela dell’occupazione, le condizioni di salute e sicurezza e l’ambientalizzazione delle produzioni”, ha detto il segretario generale della Fiom-Cgil Michele De Palma.

Per il leader Fim Cisl Roberto Benaglia “la nazionalizzazione è una soluzione illusoria. Il più grande polo siderurgico d’Europa ha bisogno di competenze e di un soggetto privato per poter lavorare. La scommessa con ArcelorMittal non ha funzionato, ma lo Stato oggi è già presente nel capitale. Abbiamo quindi suggerito al ministro Urso che bisogna riequilibrare l’alleanza operativa in Acciaierie d’Italia, partendo dal giusto concetto che chi mette i soldi comanda”. A Taranto lo stop dello stabilimento siderurgico durerà 24 ore sui tre turni.

“Presidieremo tutte le portinerie d’ingresso dello stabilimento siderurgico a partire dalle ore 4 di questa mattina”, ha dichiarato la Fiom Cgil. “È necessaria una presenza massiccia di tutti i lavoratori per consentire la riuscita della mobilitazione e dare un chiaro messaggio al Governo italiano e alla multinazionale”. Previsto anche un corteo. Per la Uilm “la nostra lotta in questo momento non è tanto per ottenere il miliardo che consentirebbe il proseguo delle attività e il rientro delle ditte, quanto pretendere il cambio gestionale, il reintegro dei lavoratori Ilva in amministrazione straordinaria e lavorare con dignità e nel rispetto del diritto costituzionale: lavoro e salute senza alcuna distinzione”.

Per il presidente di Federacciai Antonio Gozzi i problemi finanziari sono dovuti ai mancati investimenti di ArcelorMittal. Il ministro Urso – dopo il mancato confronto con l’azienda – ha tenuto a sottolineare come sia arrivato il momento di “riequilibrare la Governance” affinché ci sia una risposta “agli impegni presi”. La ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha invece assicurato l’impegno “ad attivare un canale di confronto e a studiare immediate soluzioni”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.